Calo previsto, ma pur sempre considerevole nelle primarie del Pd per decidere 11 dei 16 candidati alla segreteria di altrettante regioni. Flessioni da record che sono andate dal 40% ad addirittura il 70% di alcune aree rispetto alle consultazioni del 2007 e del 2009 con seggi andati perfino deserti. E se i rappresentati dell’ormai minoranza bersaniana cuperlo-civatiana, vedono nel risultato lo scontento della base per la cosiddetta «staffetta» al governo, i renziani che ormai hanno in mano le redini del partito parlano di astensione fisiologica. «E’ la prima volta – spiega Francesco Nicodemo, addetto alla comunicazione scelto da Renzi – che la votazione viene scorporata dalla scelta del segretario nazionale, non tutti i candidati saranno i rappresentanti per la corsa alla presidenza della regione, senza questo mordente è chiaro che ci sia stato un disinteresse». Il popolo del Pd sarebbe dunque spossato da un congresso che va avanti ormai da 5 mesi e in molti avrebbero preferito rimanere a casa. Ma solo domenica sera Stefano Fassina aveva letto nei dati una brutta risposta degli iscritti alle guerre intestine del partito.

Fatto sta che nel Lazio il dato si è più che dimezzato, passando dai 120mila del 2012 che elessero il segretario uscente Enrico Gasbarra ai 50mila che hanno premiato Fabio Melilli. E mentre in Campania domenica si è riusciti (non senza strascichi) a superare la soglia psicologica dei centomila eleggendo Assunta Tartaglione, in Liguria e in Trentino Alto Adige non è stato nemmeno raggiunto il quorum. In queste regioni settentrionali saranno dunque le assemblee dei delegati a scegliere rispettivamente tra il renziano Giovanni Lunardon e Alessio Cavarra sostenuto dal governatore Claudio Burlando, nonché tra Liliana Di Fede e Mauro Randi.

In generale si può parlare dunque di una vera e propria carica dei renziani. La stessa Tartaglione sostenuta dalla maggioranza che fa capo al neonominato presidente del consiglio e al sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, con il 58% ha sbaragliato i concorrenti, Guglielmo Vaccaro vicino a Enrico Letta e il giovanissimo Michele Grimaldi. Ieri Vaccaro ha occupato la sede provinciale del Pd di Salerno denunciando brogli e promettendo ricorsi. Nel Lazio ha dunque stravinto Melilli, ex presidente della provincia di Rieti che ha staccato con oltre il 60% Lorenza Bonaccorsi. Entrambi renziani hanno prevalso di molto su Marco Guglielmo arrivato al 12% .

In Sicilia ha ottenuto ottimi risultati il cuperliano Fausto Raciti con il 61,2%. Il giovane turco trentenne è riuscito a mettere su una schiera di supporter trasversale, andando dall’area renziana a quella Neo Dem e sbaragliando il segretario uscente Giuseppe Lupo (33,2). Anche nell’isola siciliana si è registrato un dato negativo con 50mila votanti in meno. In Piemonte vince Davide Gariglio con grande soddisfazione del sindaco di Torino Piero Fassino, mentre nelle Marche è plebiscito per Francesco Comi che con l’80% dei consensi schiaccia il civatiano Gianluca Fioretti. Dati in controtendenza invece in Lombardia dove lo scarto tra il renziano Alessandro Alfieri (57%) e la civatiana Diana De Marchi (quasi 43%) è stato più contenuto, mentre a Milano i dati sull’affluenza hanno registrato un segno più, passando dai 21mila di dicembre ai 24mila di domenica. In Toscana, in Puglia, in Veneto e in Valle D’Aosta niente primarie e i candidati unici sono stati eletti dalle assemblee. Si tratta tutti di renziani: Dario Parrini, il sindaco di Bari Michele Emiliano, Roger De Menech e Fulvio Centos. Rimandate le elezioni che non potevano coincidere con le regionali in Sardegna, ma anche in Emilia Romagna, Basilicata, Abruzzo e Trento. Infine sospeso il voto in Calabria per la verifica della correttezza nelle votazioni.