«Non sono preoccupato per la sopravvivenza di Israele. La domanda e’ come Israele sopravvive. E ritengo che la strada sia quella di vivere in pace con i palestinesi. E’ necessario ammettere che hanno legittime richieste e che questa è la loro terra». Parole di Barack Obama al New York Times. C’è bisogno di leadership fra i palestinesi e gli israeliani per guardare al di là di domani, ha aggiunto il presidente Usa, «il più difficile per i politici è quella di guardare a lungo termine». Allora il più cieco, il più colpevole è proprio lui, Obama. Perchè sa che non è una “questione di sicurezza”, di “difesa dal terrorismo”. Obama è pienamente consapevole delle «legittime richieste» dei palestinesi. Eppure in due mandati presidenziali non ha agito per imporre all’alleato Israele il riconoscimento del diritto dei palestinesi di essere liberi. Le parole di Obama sono offensive per i civili di Gaza che hanno pagato un altissimo prezzo di sangue nelle ultime settimane e che dal negoziato al Cairo sperano ancora di ottenere i diritti sacrosanti di ogni popolo.

 

Dal Cairo invece non giunge alcun segnale concreto in quella direzione e l’Europa continua ad appellarsi unicamente al cessate il fuoco senza avanzare alcuna proposta. L’ultimo invito alla tregua immediata è giunto ieri dai ministri di Francia, Gran Bretagna e Germania: Laurent Fabius, Philip Hammond e Frank-Walter Steinmeier. Gli egiziani lasciano fare e si limitano a produrre qualche documento per spingere la delegazione palestinese a ridimensionare le sue richieste e ad accettare nuove tregue umanitarie. L’ultima idea dei mediatori prevede il dispiegamento di forze speciali dell’Anp lungo il versante di Gaza del confine con l’Egitto, a garanzia di una maggiore ma non totale riapertura del valico di Rafah da parte degli egiziani. Questa idea circola da mesi e non è mai stata concretizzata in un accordo vero. Quindi resta solo un’idea. Israele intanto ribadisce che non negozierà “sotto il fuoco” dei suoi nemici, ossia i razzi che lanciano Hamas e altre organizzazioni armate palestinesi. Si è appreso anche di un piano messo a punto dalla ministra israeliana Tzipi Livni che punta sul riconoscimento dell’Anp come governo della Striscia e la subordinazione a questo di tutte le fazioni palestinesi. Ma ciò già esiste e Israele lo ha respinto a giugno, quando ha negato legittimità al governo di consenso nazionale palestinese che ha sostituito i due esecutivi a Ramallah e a Gaza. Il riconoscimento del “ruolo guida” dell’Anp secondo Livni assicurerebbe l’assistenza internazionale mirata per i bisogni civili a Gaza e l’apertura dei valichi della Striscia con clausole di controllo e un apparato di ispezione in modo escludere l’ingresso di armi nel territorio palestinese.

 

Ieri sera Canale 10 ha annunciato che le forze armate israeliane sono pronte a una lunga “guerra di attrito” con Hamas. É lo sviluppo più temuto, che allontana un vero accordo per un cessate il fuoco permanente che cercano i palestinesi. Consiste in una guerra a bassa intensità, con attacchi sporadici ma ugualmente letali, alla quale da due giorni stiamo assistendo a Gaza e nelle aree di Israele adiacenti alla Striscia, fatta di attacchi aerei e lanci di razzi con frequenza più bassa rispetto a luglio. La “guerra di attrito” ha spesso accompagnato la conclusione delle guerre arabo-israeliane dei decenni passati, sul Golan ad esempio o nel Sinai egiziano. Al governo israeliano questa soluzione va bene perchè evita al premier Netanyahu di dare l’ok a un accordo con i palestinesi, quindi con Hamas, che l’opinione pubblica israeliana non vuole e al quale si oppongono soprattutto i residenti nei centri abitati vicini a Gaza. A Tel Aviv sono convinti che, dopo qualche settimana di “attrito”, i palestinesi non potranno far altro che accettare un cessate il fuoco illimitato e incondizionato. La sola trattativa in corso al momento è quella per la restituzione a Israele dei corpi di due soldati caduti nei giorni scorsi in combattimento, Shaul Oron e Hadar Goldin. Secondo i media turchi, Hamas otterrebbe in cambio la liberazione di 25 detenuti palestinesi e la restituzione dei corpi di 18 combattenti uccisi.

 

La “guerra di attrito” è già costata la vita di almeno 10 palestinesi negli ultimi due giorni. Israele ieri ha compiuto “solo” una trentina di raid aerei in apparente risposta a lanci di razzi. Ha distrutto la moschea Qassam, dove ha ucciso tre persone tra le quali un dirigente locale di Hamas. Poi ha sparato contro una motocicletta e ucciso due palestinesi a Maghazi. Bombe sono piovute su Nuseirat, Rafah, Khan Yunis, Zaytun, nel nord di Gaza. Il ministro delle comunicazioni israeliano Gilad Erdan ieri non ha escluso che Israele possa inviare di nuovo reparti corazzati all’interno della Striscia. 50.000 soldati sono ammassati lungo il confine pronti a intervenire in qualsiasi momento.