Gaza resta con il fiato sospeso. La popolazione è convinta che la reazione militare israeliana per l’uccisione dei tre ragazzi ebrei si concentrerà soprattutto sulla Striscia di Gaza dove risiede gran parte della leadership di Hamas nei Territori occupati e dove, secondo le indiscrezioni che girano da giorni, Israele potrebbe deportare decine di dirigenti ed militanti del movimento islamico arrestati nelle settimane passate in Cisgiordania. Già negli ultimi giorni l’aviazione israeliana ha ripetutamente colpito la Striscia in una spirale di attacchi e rappresaglie con i miliziani palestinesi che lanciano razzi verso il territorio meridionale dello Stato ebraico. Il clima è molto teso, si teme il peggio da un momento all’altro. Negli occhi delle gente ci sono ancora le immagini delle offensive militari israeliane della fine del 2008 (Piombo Fuso) e del 2012 (Pilastro di Difesa). Ne abbiamo parlato con Khalil Shahin, vicedirettore del Centro palestinese per diritti umani di Gaza city.

 

La gente di Gaza ha paura?

Sì. Con tutte le persone con le quali ho avuto modo di parlare e discutere della situazione, dopo il rapimento dei tre israeliani, ho percepito l’ansia per un attacco che qui molti ritengono imminente. A maggior ragione ora che (i tre rapiti) sono stati trovati morti. Chi può ha cominciato a fare scorta di cibo e generi di prima necessità, altri si affidano alla sorte e sperano ancora che Israele non scateni una nuova offensiva. Il ricordo dei morti e dei feriti, delle distruzioni diffuse causate da Piombo Fuso e Pilastro di difesa è ancora vivo nella memoria dei civili più esposti. Allo stesso accanto alla popolazione civile ci sono i militanti delle organizzazioni politiche e militari che si dicono pronti a resistere ad eventuali operazioni israeliane di terra. E per questo continuano i lanci di razzi.

 

I raid aerei israeliani di questi ultimi giorni sono il preludio della temuta offensiva in grande stile?

Si fanno tante ipotesi e molti abitanti di Gaza credono che gli bombardamenti siano l’antipasto dell’attacco israeliano. Personalmente non credo che Netanyahu lancerà una operazione così ampia come si dice per il semplice motivo che l’accordo di cessate il fuoco raggiunto con Hamas nel novembre del 2012 è molto conveniente anche per Israele e preferirebbe non metterlo in discussione. Non penso che Netanyahu voglia andare ad un escalation che metterebbe a rischio anche gli israeliani e non solo la popolazione di Gaza. In ogni caso come responsabile di una organizzazione che tutela i diritti umani chiedo protezione per i civili, il rispetto del diritto umanitario e ribadisco con forza che le leggi e le convezioni internazionali proibiscono le punizioni collettive della popolazione civile. I palestinesi della Cisgiordania hanno già subito una pesante punizione collettiva e ciò non deve ripetersi a Gaza. Da giorni, per fare un esempio, in molte aree della Striscia di notte non si chiude occhio a causa dei raid aerei, la tensione e la paura sono forti e questo incide soprattutto sulla vita dei bambini che sono i più indifesi e vulnerabili. Ci sono arrivate notizie di famiglie in seria difficoltà nella zona di Tel al Hawa adiacente a quella di Sheikh Ajlin dove si trovano postazioni militari (palestinesi) e si concentrano gli attacchi degli aerei israeliani.

 

Cosa non si racconta, cosa non si sa di Gaza da anni sotto un rigido blocco israeliano

Tante cose. La vita nella Striscia si è ulteriomente complicata negli ultimi mesi. L’energia elettrica è erogata solo per alcune ore, c’è penuria di certi prodotti, scarseggiano alcuni farmaci. Senza dimenticare la chiusura quasi permanente del valico di Rafah che tiene bloccati a Gaza malati, studenti, commercianti e imprenditori che hanno bisogno di andare all’estero per curarsi, studiare e lavorare. Sono crisi su crisi, che si accumulano da anni e rendono impossibile la vita di uomini, donne e bambini che non ha alcuna colpa e che non possono essere puniti solo perchè palestinesi.