«Sulla Open Arms non chiederò di farmi processare». Matteo Salvini ci ripensa e questa volta chiede alla Giunta per le immunità di non votare a favore dell’autorizzazione a procedere come richiesto dal Tribunale dei ministri di Palermo. Ieri i componenti dell’organismo parlamentare hanno ascoltato la relazione del presidente Maurizio Gasparri sul nuovo caso che vede ancora una volta protagonista l’ex ministro dell’Interno per aver negato, nell’agosto dell’anno scorso, lo sbarco di 107 migranti dalla nave della ong spagnola. Vicenda costata al leader della Lega una nuova accusa di sequestro di persona e di rifiuto di atti d’ufficio da parte dei magistrati palermitani.

Al contrario di Salvini, che nel precedente caso della nave Gregoretti, e a ridosso delle elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria, aveva chiesto ai leghisti presenti in Giunta di votare a favore dell’autorizzazione a procedere, Gasparri non ha cambiato posizione e anche ieri si è schierato in difesa del leghista. Perché, ha spiegato il senatore di Forza Italia, nella vicenda che ha coinvolto la nave battente bandiera spagnola risulterebbe chiaro un coinvolgimento del governo nel mancato sbarco dei migranti. «Rispetto ad altri casi, dove non c’era traccia di un intervento esplicito del presidente del consiglio» ha spiegato, questa volta emergerebbe «ancora più nitido il coinvolgimento» dell’esecutivo e dello stesso Conte. Il riferimento è alle tre mail con cui il premier chiese a Salvini di far sbarcare almeno i minori che si trovavano a bordo, ricevendo per ben due volte altrettanti rifiuti. Proprio questo scambio di lettere per Gasparri rappresenterebbe una prova del coinvolgimento del premier: «Chiedere con un atto scritto lo sbarco immediato dei minori comportava un implicito indirizzo opposto per i maggiorenni, altrimenti il presidente Conte avrebbe dovuto chiedere lo sbarco immediato di tutti gli immigrati presenti a bordo e non solo dei minori».

Da notare come nella relazione Gasparri non ci siano riferimenti alle motivazioni presentate da Salvini nella sua memoria difensiva. Per l’ex ministro dell’Interno non spettava all’Italia fornire un porto sicuro alla Open Arms, visto che il capitano della nave si era rivolto in precedenza alla Spagna, paese di bandiera della nave, e a Malta.

Ieri dalla Lega è arrivato l’invito ai senatori degli altri partiti ad «esaminare bene e carte», a riprova di come questa volta il Carroccio sia intenzionato a votare contro la richiesta di autorizzazione a procedere. «Nave di una ong spagnola, operazioni di soccorso effettuate in acque Sar maltesi e libiche, orme richieste di Pos (porto sicuro, ndr) inviate a Madrid e alla Valletta: la vicenda Open Arms non può concludersi con un’indagine a carico di un ministro italiano», ha affermato la senatrice Erika Stefani a nome dei leghisti della Giunta.
Intanto, in vista del voto del 27 febbraio, cominciano a delinearsi gli schieramenti, con il Movimento 5 Stelle pronto a dire sì a un nuova processo per il leader della Lega: «Dal 14 agosto, quando scatta l’obbligo di sbarco e di indicazione di un Pos, fino al 20 agosto quando c’è lo sbarco, si assiste al solito forzare la mano da parte di Salvini», ha spiegato la capogruppo Elvira Evangelisti. «Toni ingiustificati, mentre il premier insisteva e gli intimava di far sbarcare e tutelare i minori. Quindi ho paura che l’esito sia sempre lo stesso».

Deciso anche il giudizio del senatore Gregorio De Falco: «E’ troppo comodo prima farsi attribuire i poteri con il decreto sicurezza bis e poi nascondersi dietro le spalle di Conte. Ma adesso basta le carte le ho lette e la mia idea ce l’ho». E, infine, non sembra lasciare dubbi anche la posizione del Pd: «Si ripropongono gli stessi argomenti degli altri casi e che noi avevamo respinto», ha spiegato la senatrice Anna Rossomando. «Si elude che la normativa sull’obbligo del soccorso e del completamento del soccorso è assolutamente ineludibile, è sovranazionale».