La più vasta operazione contro il Pkk, come l’ha definita giovedì il presidente turco Erdogan, porta con sé un corollario che bellico non è. O almeno non nel suo significato letterale. Nel mirino c’è la società civile, la politica, il lavoro.

Così Erdogan intende piegare le aspirazioni kurde per fondare il suo modello di nazione: un neo impero ottomano monocolore, epurato da forme altre di politica, società, etnia.

Un nazionalismo che ha come armi la violenza militare ma anche quella giudiziaria e politica. Basta scorrere le notizie di ieri. Mentre altri 13 villaggi della provincia di Diyarbakir venivano posti sotto coprifuoco a tempo indeterminato, Alp Altinors, vice segretario dell’Hdp, il Partito Democratico dei Popoli (fazione di sinistra pro-kurda), veniva arrestato nella sua casa di Ankara.

L’indagine in corso è paradossale: Altinors è accusato di aver partecipato al funerale di Zakir Karabulut, membro dell’Hdp ucciso lo scorso 10 ottobre nell’attentato dell’Isis che ad Ankara provocò 103 vittime. Altinors avrebbe dovuto partecipare oggi pomeriggio al festival «Costruiamo il potere popolare» organizzato a Napoli dall’Ex Opg insieme al sindaco De Magistris.

Ovviamente, non ci sarà. Come non ci sono più – denuncia l’Hdp – i rapporti sui massacri a Sur e Cizre che il vice segretario aveva a casa, le prove dei crimini commessi dalle forze turche dal luglio 2015.

Mentre veniva ammanettato, a Diyarbakir la polizia attaccava centinaia di persone che protestavano per la sospensione di 11.285 insegnanti (a cui se ne sono aggiunti altri 418 ieri) accusati di legami con il Pkk. Stavolta niente Gülen.

I manifestanti, molti di loro membri del sindacato della scuola Egitim-Sen, sono stati aggrediti con lacrimogeni e idranti, 40 insegnanti sono stati arrestati e telecamere dei giornalisti presenti distrutte. Tra i detenuti anche il segretario provinciale del sindacato, Suleyman Guler, anche lui nella lista dei sospesi.

Dopotutto Ankara lo aveva ampiamente annunciato: strumento chiave della lotta al Pkk è l’attacco ai lavoratori pubblici e alle amministrazioni Hdp. Lunedì erano stati consegnati mandati di comparizione a otto deputati del Partito Democratico dei Popoli, una delle prime concrete applicazioni della legge che ha cancellato l’immunità parlamentare. L’accusa, la solita: appartenenza e sostegno ad un gruppo terroristico.

Ieri è stato il ministro degli Interni Soylu a suggellare l’aggressione politica: le amministrazioni locali di 28 comuni governati dall’Hdp saranno commissariate entro 15 giorni, sulla base dello stato di emergenza.

Per lo schiacciamento della sola vera opposizione al governo Akp – le altre, dopo il fallito golpe, si sono strette intorno alla maggioranza, abdicando al loro ruolo dialettico di un paese che si definisce democratico – passa una delle strategie portanti dell’attuale esecutivo: il no a qualsiasi forma di negoziato con il Pkk e quindi di soluzione politica della questione kurda, annichilendo le speranze della comunità rinate tre anni fa, ovvero il riconoscimento della propria identità all’interno dello Stato turco.

I nemici interni che Ankara si è sapientemente costruita sono sempre più numerosi: kurdi, gulenisti veri o presunti, Stato deviato, giornalisti indipendenti. E se si arriva a distruggere libri di testo perché considerati il prodotto della propaganda di Gülen (il Ministero dell’Educazione, come annunciato ad agosto, ha ritirato 58 libri e li ha “riciclati”), la stampa viene colpita anche a migliaia di km di distanza: ieri il quotidiano turco di opposizione Zaman, commissariato lo scorso marzo in Turchia, ha annunciato ieri la fine delle pubblicazioni in Germania a causa di pesanti minacce ai lettori abbonati e ai giornalisti.

Dopo il raid di marzo negli uffici turchi e la chiusura del quotidiano, Zaman aveva continuato a lavorare da fuori, in Europa. Ora si arrende: «I nostri lettori sono stati contattati e minacciati – dice Suleyman Bag, membro dell’amministrazione – La situazione in Turchia, dove il governo porta avanti una vasta campagna epurativa contro i media, è arrivata anche in Germania». Già a fine agosto le versioni belga e francese avevano sospeso le attività per identiche ragioni.