Una serata all’insegna del rock di matrice african-american, proposto in molte delle sue sfaccettature possibili, in occasione della tappa capitolina di Lenny Kravitz. È la combinazione di una delle più intriganti date del festival capitolino Rock in Roma. L’artista statunitense in tour per presentare l’ultimo lavoro Strut, esattamente come già fatto in passato con il talentuoso Trombone Shorty di New Orleans, anche in questa circostanza ha scelto alcuni fra i più interessanti giovani musicisti americani del momento come aperture dei propri concerti. Ad accompagnarlo nell’intero giro italiano ed in parte di quello europeo, sono stati in ordine di apparizione il duo di New York dei The London Souls ed il texano Gary Clark Jr.

Il bilancio della serata racconta di un Kravitz in buona forma, capace di tenere da autentico mattatore il palco, grazie anche al supporto di un band davvero di qualità che ha goduto di ampi spazi espressivi. Di rilievo sono apparse le prestazioni degli open-act. Ad aprire le danze sono stati Tash Neals e Chris St. Hilaire (voce e chitarra il primo, batteria e voce il secondo), alias The London Souls. Il duo che giunge da Brooklyn ha proposto un breve ma convincente set impostato sul recentissimo secondo album Here Come The Girls. In bilico tra indie-rock e reminescenze blues i due hanno rapito le attenzioni del distratto pubblico, grazie anche a un ardore non comune che gli ha visto terminare l’ultimo brano in scaletta senza due corde della chitarra di Neals.

«Ci siamo incontrati – raccontano – da ragazzi e suoniamo insieme da allora. In passato la formazione era costituita anche da un bassista, ma da quando abbiamo messo in cantiere questo ultimo lavoro abbiamo deciso di essere due. Il nostro suono è figlio del classic-rock e di tanti ascolti personali, oltre che dell’atmosfera che si respira nella grande mela. Siamo influenzati da tutto questo, non da qualcosa di specifico». Sottolineano poi come il gruppo abbia due identità parallele: «Una maggiormente melodica e anche acustica in studio ed un’altra molto più energica dal vivo».

Robuste, genuine canzoni rock’n’roll in veste contemporanea quelle proposte dai Souls, che rammentano nell’immediatezza del suono quella di tante altre formazioni provenienti dalle loro parti. Nelle oltre quattro ore di musica live suonate nell’area dell’ippodromo delle Capannelle, a far la differenza è stato Gary Clark Jr.: il trentunenne di Austin, ha ripagato di gran lunga le attese che circondavano la sua performance. Assieme al trio che lo affianca, ha strappato applausi a più riprese, lasciando di sasso buona parte del pubblico. Come conferma egli stesso, parzialmente stupito: «Sono rimasto colpito dalla partecipazione della gente. Non so bene come sia successo…posso solo dire che quando scrivo le mie canzoni, queste hanno un’identità, ma rimangono aperte ad interpretazioni diverse dal vivo..e se riescono ad arrivare alle persone, si crea una connessione. Così almeno credo..».

Tanto fragoroso sul palco, quasi timido fuori dallo stesso. Clark parla a voce bassa, raccontandoci i legami con la sua terra e quanto musicalmente ne sia figlio: «Ho esordito a quattordici anni con una lunga jam in cui suonammo solo due canzoni: Pride and Joy di Steve Ray Vaughn e T-Bone Shuffle di T-Bone Walker. Dalle mie parti sono sempre passati tutti i grandi del blues. Era consuetudine per noi sapere che in serata poteva esserci da qualche parte a suonare gente come R.L. Burnside, T-Model Ford e tanti altri. Ad Austin c’è sempre stata della buona musica..e continua a girarti intorno, di conseguenza la porti sempre con te.»

Il blues come stella polare, declinato nelle varie forme, ed intorno a questo una evocazione continua di rock e soul dall’anima profondamente black. In questo modo il cantante e chitarrista si è fatto conoscere e gli stessi elementi caratterizzanti, ci anticipa che saranno anche nella prossima incisione The Story of Sonny Boy Slim, in uscita a settembre. Il tutto, sempre con la sua band, di cui va orgoglioso: «Anche nel nuovo lavoro sarò con i ragazzi. Stiamo assieme da tanto tempo! Con Zapata [il chitarrista n.d.r] ci conosciamo dai tempi della scuola. Quanta musica abbiamo ascoltato in casa.. passando da un disco ad un altro. E con loro, dopo essere tornato dalla mia famiglia, quando uscirà il nuovo disco sarò nuovamente on the road».