«Quello di Cannes è un pubblico di addetti ai lavori, il vero segnale verrà dal primo weekend in sala», osserva Matteo Garrone parlando del suo Il racconto dei racconti, presentato ieri in concorso al Festival di Cannes ed in uscita oggi nei cinema italiani.

La risposta del pubblico è fondamentale perché si tratta di «un film che vuole essere popolare, di genere e mira al puro intrattenimento». «Infatti – continua il regista – mi ha fatto piacere sapere che oggi si rideva molto in sala: per me è la più grande soddisfazione che la gente non si annoi, sia coinvolta». Non avrebbe potuto essere altrimenti per questa superproduzione dal cast internazionale costata 12 milioni di euro, la cui complessità barocca esplora le parti più recondite dell’animo umano; che viene dal passato ma affronta temi facili da mettere in relazione con il mondo in cui viviamo.

Tratto infatti dal seicentesco Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, l’ultimo lavoro del regista romano è un’opera fantasy. L’attore Toby Jones – nel film il re che sposa sua figlia ad un orco – la definisce «un racconto popolare più che una storia di fate. Molto più brutale, non ha la compiutezza tipica delle fiabe, è caotico e confusionario. Proprio ciò che è interessante interpretare: dare forma al caos emotivo dei personaggi».

Vincent Cassel è un altro dei tre re protagonisti della storia, con un debole per la bellezza di giovani fanciulle. Secondo lui il film ricalca il modello di una favola: «Ho sempre pensato che ci fosse un parallelo tra le favole, che provengono da una tradizione orale, e le religioni che elaborano anch’esse archetipi di credenze o paure umane». La preparazione del film è stata anche fisica: «bisognava non far diventare questo re una macchietta mantenendo equilibrio tra commedia dell’arte e dramma».

Il terzo dei tre re, che cede presto il campo alla regina interpretata da Salma Hayek, è John C. Reilly, proviene da una lunga esperienza nel mondo favolistico. «Sono immerso in questo ambiente da dodici anni – racconta infatti – perché i miei figli frequentano una scuola steineriana, e io ho spesso diretto i loro spettacoli scolastici tratti o ispirati da fiabe. È così che ho compreso come queste storie archetipiche fanno sì che le persone scoprano nuove cose su se stesse».

«Per me – conclude Salma Hayek – quelle del film sono delle storie di speranza e di esplorazione dei sentimenti più oscuri degli esseri umani. Si parte da delle situazioni a cui tutti possiamo rapportarci per poi finire in posti inattesi, altamente simbolici». Nel suo caso si tratta dell’amore ossessivo per il figlio a lungo desiderato, un sentimento facile da comprendere ma le cui conseguenze sono assai oscure. «Salma ha dato al personaggio una sfumatura di fragilità, che è molto bella ed aggiunge profondità», osserva Matteo Garrone. Per l’attrice messicana, lavorare a questo film le ha consentito di «esplorare come attrice delle situazioni in cui non ero mai stata. Poi è Matteo che sceglie cosa prendere dai personaggi e dagli attori».

Per il regista, inoltre, «il lavoro con gli attori è anche un modo di verificare se la sceneggiatura sta andando nella giusta direzione, «perché loro la vivono dall’interno di un personaggio». Con Il racconto dei racconti ha però dovuto rivedere, «per questioni di tempo e impegni», il suo consueto metodo di regia in sequenza, «che consente un diverso tipo di lavoro con l’attore. Così invece è stato sicuramente più difficile». Un’altra difficoltà è certamente quella posta dal multilinguismo del cast, che sullo schermo si traduce in un uso dell’inglese come idioma originale. Ma «Calvino – spiega Garrone – chiamava Basile un deforme Shakespeare partenopeo, per cui c’è qualcosa di shakespeariano in lui, e l’inglese non tradisce lo spirito originale». Un progetto, quello di Il racconto dei racconti, dal potenziale che non si esaurisce nel film, dato che sono molti altri i «racconti popolari» scritti da Basile… «Ci sono altre storie che avevamo sceneggiato, erano tutte molto belle – chiosa il regista – quindi accarezzo l’idea di un secondo film o addirittura una serie tv, dato che oggi vanno di moda…».