C’era una volta la new wave italiana. Questo potrebbe essere l’inizio di una storia frettolosamente rubricata come una scimmiottatura della più mirabolante generazione musicale, inglese e americana, nata sulle ceneri del prog e dalla breve e fulminante stagione del punk, ma che l’ascolto retrospettivo di oggi che non è un’operazione nostalgia – come afferma uno di quei lontani protagonisti – riserva ancora delle sorprese, perlopiù legate sia al contesto musicale globale di allora sia alla canzone italiana. Il protagonista citato è Garbo, al secolo Renato Abate, prossimo ai sessant’anni, e le riedizioni della Universal A Berlino… va bene e di Scortati , rispettivamente del 1981 e del 1982, i suoi primi due album, sturano pregiudizi e storicizzano in un felice ascolto brani come A Berlino … va bene, Futuro, On the Radio, Moderni e Generazione, anche nel loro corrispettivo demo e nelle basi da cantare, contenuti nel secondo dei cd di tutti e due gli album.

«Ho avuto influenze più o meno dirette: ascoltavo Ruggeri e Fausto’O». Il suo faro però restava Bowie, il Bowie berlinese, il dress code visivo e musicale era specchiato:«Sì, cercavo di assorbirlo. Riuscì una volta anche ad incontrarlo durante la promozione di Let’s Dance». Ma fu durante un altro incontro, c’erano sei sette persone a cena, dove essere il 1987, c’era Iggy Pop che aveva appena cantato al Rolling Stones, avvicinandosi mi disse che gli ricordavo un amico. Ma c’erano anche altre cose che agivano a livello inconscio. Se guardo a cosa è diventata la musica oggi. Ripenso alla libertà in cui noi agivamo. Alla creatività e alla fantasia che mettevamo nel suonare e comporre. So di essere e resto un artista di nicchia, forse non popolare, ma ho accumulato molta esperienza».

Tra le influenze inconsce sembra, soprattutto nell’uso della voce che si ascolta nei provini, che ci sia Renato Zero, il che fa pensare a quanto il cantante romano, spogliato dai travestimenti, possa essere riscoperto come anticipatore di molta musica italiana degli anni 80. «Agli inizi lavoravo molto sui testi, cercavo di dare un senso sonoro e musicalmente internazionale a ciò che scrivevo. Pensavo che la musica italiana mi dava fastidio. Oggi non è così». «Tornando ai testi, mi interessava che non ci fosse cronaca al loro interno e che ciò che cantavo affrontasse temi universali. Non so se ci sono riuscito fino in fondo, ma Quanti anni hai? in tal senso mi pare riuscita». Garbo sta celebrando in queste settimane i trentacinque anni di carriera con il Living Tour, da cui sarà tratto un dvd, che il 16 dicembre arriva al Circolo Ohibò di Milano.