A spiegare la situazione a Mario il pragmatico, domenica, era stato un leader che in materia è ferrato quanto e più di lui: Silvio Berlusconi. La fedeltà al governo, aveva detto nella telefonata «lunga e cordiale», non è in discussione. Però su alcuni punti legati all’identità di un partito nell’anno prima delle elezioni non ci si può piegare. Il Cavaliere alludeva alla “sua” bandiera, il tetto del contante, ma il discorso si può applicare a quasi tutti i partiti della maggioranza. Unica eccezione il Pd che, non avendo identità di sorta, ha supplito prendendo quel che si trovava sul mercato trasformandosi nel «partito draghiano» senza margini di dissenso.

SILVIO D’ARCORE è stato facilissimo profeta. La conferma della sua analisi è arrivata ieri nella commissione Affari sociali della Camera, dove era in votazione il solito Green pass, spinoso argomento che ha già mandato sotto il governo due volte al Senato. La Lega, impermeabile al severo richiamo di Draghi della settimana scorsa anche perché la diffusa paura di ritrovarsi al 15% surclassati da FdI morde più a fondo di ogni rampogna, ha votato con FdI un emendamento contro la quarantena per i bambini, poi ne ha tirato fuori dalla manica un altro, più deflagrante, sulla fine dell’obbligo di lasciapassare rafforzato per gli over 50 dopo il 31 marzo.

APRITI CIELO! Montecitorio si è trasformato seduta stante in un formicaio impazzito da manuale. Sulla carta non doveva esserci problema numerico, quello politico essendo invece formato Mammuth comunque. Ma le crepe, nel corso della lunga interruzione prima di procedere col voto, si sono rivelate più numerose e minacciose del previsto. Fi era pronta a spalleggiare le altre due forze del centrodestra. Per raggiungere la tipica mediazione, cioè l’astensione, si è dovuto far sentire Berlusconi in persona, promettendo massima pressione per un allentamento progressivo delle regole. Un gruppo di deputati 5S ha fatto il possibile per forzare la mano al capogruppo Crippa spostandolo sulle posizioni della Lega e di FdI. La posizione del Movimento non è cambiata ma l’incidente ha messo una volta di più sotto i riflettori le lacerazioni interne ai grillini.

LA PAUSA DOVEVA servire per convincere la Lega a ripensarci. L’incontro dei capigruppo è stato però inutile. Il Carroccio ha insistito, l’emendamento è stato presentato, votato e bocciato. Ma le dichiarazioni a sfida consumata sono indicative. Berlusconi annuncia che Fi sta lavorando a «un piano di graduale dismissione del Green pass». Iv considera «prematuro» l’abbandono del Pass il 31 marzo ma chiede al governo di «aprire il confronto con il parlamento sul progressivo allentamento delle restrizioni». È il consiglio che, con la dovuta discrezione, anche il Colle suggerisce al premier: allargare il confronto con parlamento e partiti, chiarire cosa nel suo programma è blindato e cosa invece si può rimaneggiare, dotarsi e dotare il suo esecutivo di una fisionomia politica.

PERCHÉ si torna all’analisi inappuntabile di Berlusconi: non è pensabile che i partiti, a ridosso delle elezioni o quasi, sacrifichino anche gli elementi più qualificanti della loro identità politica. E, di nuovo, sono le ombre che si addensano a dargli ragione. I fondi per il Tav sono bloccati. FdI preme perché si sblocchino e i finanziamenti vengano inseriti nel contratto tra ministero dei Trasporti e ferrovie, altrimenti non sarà possibile partire con gli appalti. È una sirena alla quale sono sensibili tanto la Lega quanto Iv ma la Tav è appunto uno di quei «nodi identitari» ai quali i partiti, in questo caso il M5S, non possono rinunciare. Come Lega e Fi non possono fare a meno di impuntarsi sulla riforma del catasto, pomo della discordia che sta paralizzando il percorso della delega fiscale.

DA UN LATO È inevitabile che sia così, dall’altro, in una situazione del genere, il calcolo delle probabilità dice che l’incidente grave prima o poi, probabilmente più prima che poi, arriverà. Evitarlo sta all’iniziativa politica di Draghi, alla sua capacità di fare quel che sinora non era stato necessario fare: aprire una trattativa politica con i partiti, tenere duro sui fronti irrinunciabili, trattare su altri, gestire da leader politico una fase molto diversa da quella precedente. Chi lo ha sentito ieri lo ha trovato molto irritato, c’è chi lo ritiene vicino a perdere la pazienza. Palazzo Chigi in realtà minimizza ma il punto interrogativo sulla reazione del premier a un eventuale incidente serio rimane.