In una giornata segnata dalla crescente preoccupazione della popolazione per il diffondersi in Medio oriente e nel resto del mondo del Coronavirus – in Israele i casi di contagio accertati sono 15 e migliaia di persone sono in quarantena – e dall’annuncio di rigide misure di prevenzione, il premier di destra e leader del Likud Netanyahu è passato dall’entusiasmo per la vittoria elettorale del 2 marzo ai timori per le conseguenze della sua situazione giudiziaria. Ieri pomeriggio il principale partito di opposizione, Blu Bianco, ha annunciato che sta lavorando per far approvare dalla Knesset una legge che impedirà a un primo ministro incriminato di costituire un nuovo governo. Se la proposta andrà avanti, per Netanyahu vorrebbe dire la fine politica. Il 17 marzo il premier entrerà come imputato nel tribunale di Gerusalemme per rispondere delle accuse di corruzione, frode e abuso di potere.

 

La reazione di Netanyahu è stata rabbiosa. Ha accusato Benny Gantz, leader di Blu Bianco, di provare a rubargli la vittoria elettorale. La proposta di legge, secondo Netanyahu, sarebbe stata concepita «per dividere Israele mentre il paese è davanti alla grave sfida rappresentata dal coronavirus ed è chiamato a cogliere l’opportunità offerta dal piano del presidente Donald Trump», ha detto durante un incontro con rappresentanti dei partiti alleati. Con Blu Bianco si è schierato il Meretz (sinistra sionista). Il suo segretario Nitzan Horowitz ha spiegato che impedire ad un premier incriminato di formare un governo «è la cosa giusta da fare politicamente ed eticamente». Gli ha risposto un alleato di Netanyahu, il leader di Yamina e ministro della difesa Naftali Bennett, secondo il quale questa legge è «antidemocratica» come minimo. «Ci sono state elezioni due giorni fa e stanno già cercando di aggirare la volontà della gente usando mezzi inaccettabili», ha aggiunto Bennett riferendosi ai partiti di opposizione.

 

Il leader di Blu Bianco Benny Gantz propose una legge simile dopo le elezioni del 17 settembre che però venne bocciata dall’ultranazionalista Avigdor Liberman, ago della bilancia della politica israeliana. Stavolta Lieberman potrebbe sostenerla, ipotizzano fonti del quartier generale di Gantz. Occorrono però i voti favorevoli dei 62 deputati, e considerando il quadro politico caotico in Israele, è difficile credere che la legge sarà approvata. Netanyahu però ha la memoria corta. Nel 2008 fu proprio lui a dare impulso a una proposta di legge volta a costringere alle dimissioni l’allora primo ministro Ehud Olmert, indagato per corruzione.

 

L’iniziativa di Blu Bianco è caduta come un masso nel mezzo dei colloqui per una nuova maggioranza di destra nazionalista e religiosa. Le cose si sono fatte più complicate per Netanyahu anche su questo punto. Il 2 marzo, durante il bagno di folla post-elezioni, aveva annunciato, che Israele avrà al più presto una nuova maggioranza di governo. Ma continua a non avere i numeri per farlo. Sono stati contati il 99% dei voti e il blocco delle destre si ritrova con un seggio in meno: il partito religioso ortodosso Shas lo ha perduto a vantaggio di Blu e Bianco. Significa che Netanyahu ha 58 deputati dalla sua parte, tre in meno del minimo necessario per una maggioranza di governo. Non procede per il verso giusto neanche la caccia del Likud ai «disertori», ossia quei deputati dell’opposizione che in cambio di incarichi di rilievo e posizioni di prestigio, sarebbero pronti ad unirsi alla destra. I media locali hanno fatto i nomi di alcuni dei possibili «disertori» ma questi ultimi si sono affrettati a smentire e a far sapere che non hanno alcuna intenzione di abbandonare i loro partiti. Di fronte al mancato superamento dello stallo politico cominciato alla fine del 2018, il capo dello Stato Reuven Rivlin, potrebbe non affidare l’incarico né a Netanyahu né a Gantz e invece, dare mandato alla Knesset di trovare una soluzione. In quel caso, per 21 giorni, qualsiasi deputato, può fare un nuovo governo.

 

Buone notizie per il leader del Likud invece sono arrivate dalle primarie dei Democratici Usa per le presidenziali del prossimo 3 novembre. Il suo avversario, il senatore socialista Bernie Sanders, che qualche giorno fa lo ha definito un «reazionario razzista», è uscito parzialmente sconfitto dal Super Tuesday. Il successo è andato all’ex vice presidente Joe Biden, un “moderato” che Netanyahu gradisce più di Sanders che parla a sostegno dei diritti dei palestinesi e contro le politiche della destra israeliana.