Ai 3mila metri non sembrava più fattibile. Sì, l’Italia schierava come quarta punta il grande Filippo Ganna, l’uomo che aveva trascinato il treno azzurro al record del mondo in semifinale. Si pensava che con lui da finisseur si potesse prendere fino a mezzo secondo alla fortissima Danimarca, non di più. Così, a parte la prima frazione in cui l’Italia ha retto bene ed è stata addirittura avanti nello spettacolare raffronto «a specchio» che ferma l’intertempo cronometrico a ogni giro di pista, è sembrato quasi naturale che gli azzurri cedessero, centesimo dopo centesimo, alla poderosa progressione danese. Ma ai 3 kilometri la situazione è apparsa improvvisamente disperata: otto decimi abbondanti di ritardo, gli azzurri incamminati verso l’argento.

INVECE, il 25 luglio 1996, a Verbania, è nato un ragazzo senza paura. Filippo Ganna, questo il suo nome, è noto come professionista non solo agli appassionati di ciclismo di velocità: su strada è stato campione del mondo a cronometro nel 2020, oltre che due volte campione italiano. Su pista, le statistiche sono ancor più eloquenti: è detentore del record del mondo individuale, in una specialità nella quale è stato campione iridato per 4 volte. Appunto per questo, si sperava di arrivare all’ultimo cambio con uno svantaggio, se tale doveva essere, a portata di rimonta. La Danimarca aveva dato grande prova di forza in semifinale, contro una Gran Bretagna agguerritissima, in una sfida segnata da diversi «incidenti». Ma quel 0,850 sul cronometro non doveva essere rimontabile. Nemmeno per il grande Ganna. E invece.

Gli ultimi mille metri segnano una corsa folle, i ragazzi italiani mangiano tutto il vantaggio danese e finiscono all’ultimo incrocio davanti di una manciata di millesimi. Per una rimonta impossibile serviva qualcosa di speciale: e allora ecco arrivare il nuovo record del mondo su pista per l’inseguimento a squadre. Francesco Lamon, Simone Consonni, Jonathan Milan e Filippo Ganna: c’è la loro firma sul 3’42″032 che relega la Danimarca all’argento. Un oro, il sesto, che sembrava un sogno alla vigilia, e che invece è stato conquistato con un colpo di reni mozzafiato alle ultime curve. Indimenticabile.

LA GIORNATA olimpica di ieri è stata per il resto piuttosto grigia. La nazionale femminile di volley è stata cancellata come un moscerino dalla Serbia, con un 3-0 quasi imbarazzante. C’era grande aspettativa sul gruppo di coach Blengini, guidato da Paola Egonu. L’allenatore si è lasciato andare a una polemica abbastanza diretta contro il gruppo di giocatrici, quando in conferenza stampa ha dichiarato sibillino: «Avevo chiesto alle ragazze di staccarsi dai social…». Come al solito, chi vince festeggia, chi perde… spiega.

Anche dal beach volley brutte notizie: Lupo/Nicolai, la nostra coppia più forte, è stata sconfitta dal duo del Qatar nei quarti di finale. Per concludere la brutta giornata degli sport di squadra, forse il capitolo più amaro tocca alla pallanuoto di Sandro Campagna: nel girone eliminatorio l’Italia aveva dimostrato sì di avere qualche pecca, soprattutto in fase difensiva, ma di potersi, come sempre, giocare la partita contro tutti: i pareggi con Grecia e Ungheria avevano ribadito l’equilibrio di un torneo che avrebbe potuto regalare soddisfazioni o delusioni a tutte le grandi, mai come stavolta apparse su livelli molto simili. La Serbia, che ieri ha spezzato il sogno azzurro ai quarti con un perentorio 10-6 (era 9-3 dopo il primo quarto), era reduce da un girone con ben due sconfitte. In semifinale si affronteranno Ungheria e Grecia in una semifinale, e Serbia e Spagna nell’altra. Peccato.