Salpata da Goa, dopo centoventi giorni di navigazione, il primo maggio 1515 giunge a Lisbona la nave Nossa Senhora de Ajuda. Recava il dono che, per il tramite del viceré di Goa Alfonso Albuquerque, Muzafar II, sovrano di Gujarat, aveva destinato al re del Portogallo Manuele I: un rinoceronte. Ulisse lo battezzano i marinai, ma il suo nome è quello indiano di Ganda. Il 3 giugno il re Manuele allestisce un pubblico spettacolo con grande concorso di pubblico: la lotta tra il rinoceronte Ganda e un elefante. Nemici implacabili, come attesta Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia, là dove dice che al rinoceronte arride invariabilmente la vittoria. E quel giorno gli spettatori assistono alla fuga dell’elefante.

Tra la folla assiepata ci sono Giovanni Giacomo Penni, medico e letterato fiorentino, il tipografo Valentin Fernandes e un mercante tedesco di Norimberga. Di Penni, il successivo il 13 luglio si stampa a Roma, con sorprendente solerzia, il poemetto Forma e nature e costumi de lo Rinoceronte stato condotto in Portogallo dal Capitanio de larmata del Re e altre cose condutte dalle insule nouamente trouate. Fernandes invia una lettera ad un amico di Norimberga dove descrive le meraviglie dello straordinario animale. Poco dopo una seconda lettera, inviata dal mercante, giunge da Lisbona a Norimberga, dove il rinoceronte è ritratto in uno schizzo. Delle lettere prende visione Albrecht Dürer e ne cava le fattezze dell’animale. La xilografia che Dürer prontamente realizza, Rhinocerus, reca, in tedesco, la seguente didascalia: “Il primo maggio 1513 dc (l’anno è sbagliato), il potente re del Portogallo, Manuele di Lisbona, portò dall’India questo essere vivente chiamato rinoceronte. Questa ne costituisce una accurata rappresentazione. Ha il colore della tartaruga maculata ed è quasi interamente ricoperto da squame spessissime. Ha le dimensioni di un elefante, ma ha gambe più corte ed è quasi invulnerabile. Ha un forte corno appuntito sulla sommità del naso che affila sulle pietre. È l’acerrimo nemico dell’elefante. L’elefante ha paura del rinoceronte, quindi, quando i due si incontrano, il rinoceronte carica con la testa tra le gambe anteriori al fine di squarciare il ventre dell’elefante, che non può difendersi. Il rinoceronte è così ben corazzato che l’elefante non gli può fare alcun danno. Si dice che il rinoceronte sia veloce, impetuoso e astuto.” Nel corso di tredici anni, tra il 1515 e il 1528, data della morte di Dürer, si calcola siano state tirate e vendute in Europa quattromila copie del Rhinocerus.

Con stupefacente rapidità la notizia del rinoceronte Ganda si sparge per l’Europa. Da molti secoli, dopo le notizie che ne avevano riportato gli antichi greci e latini, nessuno aveva avuto occasione di vedere quell’animale favoloso. Diffusasi intorno alla fiera giunta da terre remote tanta rinomanza e cresciuta ovunque una giustificata curiosità, il re Manuele pensa di farsi onore inviando il mirabile Ganda a Roma, quale suo devoto omaggio alla santità di papa Leone X. Nel rigido inverno, a dicembre, Ganda prende dunque di nuovo il mare, imbarcato per Civitavecchia. A Leone il re del Portogallo aveva in precedenza donato l’elefante Annone. Ed anche a Roma, certamente, i due nemici sarebbero stati obbligati a misurarsi in singolare tenzone. L’esito della lotta avrebbe confermato la veridicità dei racconti di Plinio e rinnovato i fasti circensi della Roma imperiale. A conferma della gran fama che lo seguiva quando, nel gennaio del 1516, la nave fa scalo a Marsiglia, Francesco I chiede che l’esotico Ganda gli venga mostrato. Compiutasi la visita del re di Francia, il galeone portoghese con il suo eccezionale passeggero fa vela alla volta dell’Italia. Punta verso la riviera ligure di levante allorché, in vista di Porto Venere, si scatena una forte tempesta. La nave fa naufragio e Ganda, prigioniero nella stiva, muore annegato. Sospinto dalle correnti e dalle risacche, il suo corpo fu recuperato sul litorale francese. Affidato alle cure di esperti tassidermisti Ganda giunse a Roma imbalsamato, suscitando la meraviglia della corte papale. Raffaello, con Giovanni da Udine, lo ritrasse nell’affresco La creazione degli animali, nel palazzo Apostolico.