Galatea Ranzi è apparsa per la prima volta in scena, giovanissima, al Teatro di documenti, lo spazio mirabolante e inquieto che il grande scenografo Luciano Damiani aveva ricavato (o letteralmente scavato con le proprie mani) dentro il Monte dei Cocci in cui i romani antichi discaricavano i frantumi di utensili e vasellame. Fece innamorare tutti, quella ragazzina dai grandi occhi che là sotto si innamorava della propria immagine riflessa: era Amor nello specchio, testo allora misconosciuto del genio del teatro barocco Giovan Battista Andreini, uno dei grandi ripescaggi con cui ci sorprendeva il grande Luca Ronconi. Dopo qualche decina d’anni, è quasi altrettanto emozionante vedere la stessa attrice che, velato il capo ma con la stessa intatta bellezza, dolorosamente ci racconta la gravidanza e il parto di Maria, madre del Cristo.

IL TESTO, bello e pieno di emozioni nella sua apparente «freddezza» cronachistica, è quello cesellato e ricco di senso e citazioni di Erri De Luca; l’ambito è quello di una rassegna teatrale sui testi firmati da importanti scrittori di oggi, da Dacia Maraini a Massimo Sgorbani.
In nome della madre è il titolo del racconto di De Luca (la regia è di Gianluca Barbadori, la produzione dello stabile di Palermo dove lo spettacolo andrà in scena a dicembre). Un racconto in prima persona della sorpresa del parto annunciato, e poi della incredula crudeltà dei compaesani di quella landa di Galilea, e la tenerezza mista a fede dello sposo di lei, padre innamoratissimo senza aver concepito, e quindi la fuga da quella terra di pregiudizi verso Betlemme, la stalla e la nascita che poi si rivelerà divina. Galatea Ranzi si muove con sicurezza, con umana partecipazione, stretta nel suo scialle, in quella storia che tutti conosciamo ma cui la scrittura di De Luca, con l’uso di un lessico e dei nomi della tradizione ebraica, dà un tono solenne e insieme familiare. Un bellissimo racconto di cui l’attrice si riveste pienamente, offrendo spessore e coinvolgimento per l’orecchio di oggi. Commozione e applausi, anche quelli di Erri De Luca appartato nell’ultima fila della gradinata antica.