«Non solo il contratto: con la Carta dei diritti universali e i tre referendum su licenziamenti, voucher e appalti, la Cgil sta provando a rimettere ordine in un mondo del lavoro che è sempre più devastato dalla precarietà». Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale della Filcams, traccia l’azione di un sindacato che deve tenere insieme tutto, dai riders di Foodora ai bagnini, dalle guide turistiche ai dipendenti McDonald’s e Autogrill fino agli ingegneri informatici. Un mondo che corre velocissimo: con gli over 50 che tentano di rientrare dopo essere stati espulsi, i ventenni che si affacciano per la prima volta, e una organizzazione che prova a stare non solo nei luoghi di lavoro, ma sempre più spesso anche sui social.

Proprio qui a Torino ho incontrato i lavoratori Foodora: ragazzi e ragazze in gamba, poco più che ventenni, la Cgil riesce a inseguire le loro biciclette?
Dobbiamo farcela, certamente. È difficile spiegare le politiche contrattuali sui social, ma tante nostre campagne ormai si muovono attraverso Facebook, Twitter, Youtube. La nostra segreteria è composta di quarantenni e abbiamo tanti delegati under 30. Ovviamente i diritti devono riguardare tutti, sono trasversali, dobbiamo parlare a tutte le età. E questo abbiamo tentato con l’assemblea «The new order», perché includere è soprattutto parlare a chi sta ai margini e a volte non conosce nemmeno i diritti che potrebbe rivendicare. O ci fa presente, come capita alle partite Iva, che possiamo contrattare in modo diverso, integrando nuovi temi rispetto ai dipendenti classici.

Anche voi, come altre categorie, avete i rinnovi bloccati da anni.
Circa 2,5 milioni di lavoratori sui 5 milioni che rappresentiamo sono rimasti indietro: alcuni anche dal 2013. In particolare abbiamo difficoltà con Federdistribuzione: associa grossi gruppi come Auchan, Carrefour, Esselunga, Coin, e tante altre catene più piccole ma comunque note in diverse parti d’Italia. C’è un filo rosso che accomuna questo tavolo con tutti gli altri aperti: si vuole ridimensionare il peso del contratto nazionale, attaccando istituti come gli scatti di anzianità, i permessi, i primi tre giorni di malattia. Il mantra è sempre il solito: «produttività». Ma viene richiesta sempre e solo sul piano del costo del lavoro.

Voi avete una controproposta per rafforzare la produttività?
Innanzitutto ci chiediamo perché non ci si riferisca mai alle infrastrutture, materiali e immateriali, alla burocrazia, ai costi dell’energia: in campi come il commercio e la logistica sono fattori fondamentali, che vedono l’Italia indietro. Ora cercheremo di capire se il piano Industria 4.0 di Calenda e Renzi potrà funzionare, ma per il nostro settore a quale sviluppo si pensa? Il turismo, ad esempio, se includiamo l’indotto, produce l’11% del Pil: è una potenzialità straordinaria per l’Italia. La Filcams ha presentato da tempo la sua Carta per il turismo, con le proposte per migliorarlo.

Temi che è difficile rivendicare a un singolo tavolo con le imprese.
Certamente, ma fanno parte di quel salto culturale che l’intero Paese dovrebbe fare: accanto agli investimenti nelle insfratrutture, ci sono temi come l’innovazione, la ricerca, la formazione. Ma se tantissimi vanno a voucher, che formazione vorranno fare le imprese? Chiaramente abbiamo anche una richiesta di tutela salariale, su cui con la parte datoriale siamo ancora distanti, e poi ci sono i nodi degli orari, dei carichi di lavoro, dell’organizzazione e della sicurezza. I turni di una stessa persona sono spesso frammentati nella stessa giornata, e per tanti lavoratori – in gran parte donne – è difficilissimo conciliare occupazione e vita familiare.

Appalti, cooperative che aprono e chiudono, il quadro si complica. Come fate a includere tutti?
Gli appalti sono purtroppo uno degli attuali buchi neri del lavoro, non a caso puntiamo a un riordino, anche legislativo, grazie alla Carta dei diritti e a uno dei quesiti referendari che proponiamo. Poi ci sono i voucher: abbiamo segnalazioni continue di lavoratori che da dipendenti passano al buono orario. Tanti altri sono giovani al primo utilizzo. Il governo parla di emersione dal nero, ma vorremmo capire che prospettiva di vita possa avere una persona che lavora strutturalmente con un ticket: ha solo la retribuzione immediata, non matura la tredicesima né una pensione dignitosa, niente malattia, niente maternità. in questo modo che si sconfigge la precarietà?