«La diplomazia assomiglia molto alla demagogia, la prima è una qualità, l’altra un difetto», diceva il comico Coluche. La frase si adatta al risultato sornione del G7 di Charlevoix, in Québec. L’obiettivo finale è stato di salvare le apparenze, dopo 24 ore di scontri, cioè tutto il tempo che Donald Trump ha concesso di trascorrere in Canada (arrivato per ultimo e partito per primo, 4 ore prima della fine).

COME L’ANNO SCORSO a Taormina, gli Stati uniti hanno rifiutato di sottoscrivere il testo sul clima, che fa riferimento all’Accordo di Parigi, già denunciato da Trump (che, del resto, non ha nemmeno partecipato alla sessione dedicata alla lotta al cambiamento climatico per recarsi a Singapore all’incontro con Kim Jong-un, «veramente fiducioso» sui risultati attesi).

Sul commercio, di fronte all’Unione europea e al Canada a cui gli Usa hanno recentemente imposto un rialzo delle tariffe doganali, il presidente americano ha usato la tattica del bastone e della carota: vuole una «zona di libero scambio, senza tariffe, sovvenzioni, barriere», cioè chiede a Ue e Canada di non applicare contromisure ai dazi statunitensi su acciaio e alluminio.

Se questo non verrà accettato, gli Usa andranno per la loro strada – «le battaglie commerciali le vinciamo» – perché «l’Unione europea è brutale» nelle relazioni commerciali e gli Stati uniti sono vittime: «Abbiamo perso 817 miliardi di dollari (in un anno, ndr) – ha detto -, non possiamo andare avanti in una situazione in cui gli Usa sono considerati come a piggy bank (un salvadanaio, ndr) da cui tutti rubano». Detto questo, per Trump, il G7 è stato un «grande successo», ci sono stati «dibattiti estremamente positivi», specialmente con «Emmanuel, Angela, Justin», che chiama per nome e dà loro un voto «10 su 10», anche se «questo non vuol dire che siamo d’accordo». Del resto, «Emmanuel è duro da sconfiggere».

La foto che ha fatto il giro del mondo

(diffusa dal portavoce di Merkel su twitter, l’autore è Jesco Denzel, fotografo ufficiale del governo tedesco)

Il testo finale è un compromesso, che «non entra nei dettagli» (Merkel) e «non risolve tutto» (Macron). Nei fatti, rimanda a trattative tecniche per evitare che la guerra commerciale dichiarata dagli Usa, per ora su acciaio e alluminio, degeneri e si estenda ad altri prodotti, a cominciare dalla auto. Il G7 auspica una riforma della Wto, integrando una richiesta statunitense.

TRUMP HA SNOBBATO IL G7, formula diplomatica che sta crollando sotto i colpi del miliardario che concepisce le relazioni internazionali solo come rapporti di forza, di tipo manageriale. Trump ha giocato la carta della divisione degli avversari, in cui è caduto solo il neofita italiano Giuseppe Conte, che poi è stato costretto a ripiegare e a schierarsi con gli europei. Sul ritorno della Russia al G8 – era fuori dal 2014 a causa dell’annessione della Crimea – c’è stato il «nein» di Angela Merkel, che ieri ha ancora sottolineato che ci sono «concezioni differenti con gli Usa al riguardo». Tra le differenze c’è anche l’accordo con l’Iran sul nucleare, difeso strenuamente dagli europei.

L’ELISEO, prima di sperare fino all’ultimo in un accordo «ambizioso», ha rivelato che gli incontri bilaterali tra Trump e Macron sono stati «molto tesi», persino «imbarazzanti», in particolare sul commercio, con toni «molto inusuali». L’approccio è incompatibile: Macron ha ripetuto che le decisioni unilaterali non possono funzionare. Ma Trump, con una piroetta, finisce sempre per accusare Obama: è colpa sua se gli Usa hanno un deficit commerciale. Ma «adesso è finito».

IL G7 SI CONCLUDE con un testo sull’inquinamento degli oceani causato dalla plastica. Ci sono impegni per l’istruzione femminile nel mondo (Trump ha fatto lo sgarbo di arrivare in ritardo a questa sessione, ieri mattina) e la presa di coscienza della necessità di combattere le ingerenze statali straniere nei processi democratici (Theresa May ha difeso questo punto, in seguito al caso Sergei Skripal). Il vertice alla municipalità di La Malbaie, nel Quebec, è costato 605 milioni di dollari canadesi.