Sulla copertina del romanzo L’Americano di Henry James, nell’edizione economica pubblicata dalla Oxford University Press, a fare da sfondo al titolo c’è un ritratto di John Singer Sargent che raffigura Robert Brough. Ma Brough non era americano, bensì scozzese, e certamente aveva poco a che fare con la personalità di Christopher Newman, il protagonista del romanzo jamesiano, un ricco uomo d’affari quarantenne che, ormai raggiunto il successo, arriva in Europa per sperimentare il meglio di quanto il vecchio mondo potesse offrirgli. Robert Brough era un pittore e il successo lo assaporò solo brevemente perché morì giovanissimo, nel pieno di una carriera che, dopo le prime affermazioni in un genere di pittura molto consolidato in quegli anni, la ritrattistica, stava virando verso nuove e più interessanti soluzioni che rimasero però inespresse.
Il ritratto di Sargent non ha data certa, ma è collocabile intorno al 1900. Su uno sfondo giallo oro quasi uniforme, lo sguardo del giovane pittore scozzese sembra cupo e distante. Salta subito all’occhio l’utilizzo di una pennellata veloce, quasi informale, con uno stile decisamente più intimo e moderno rispetto alle opere tradizionali di Sargent. È il ritratto che un pittore ormai famoso e affermato fa a un suo giovane amico, e, se non fosse per il modo in cui Brough è vestito, si direbbe in realtà un dipinto di qualche anno più moderno. Sembra uno studio per sperimentare nuove possibilità, nuove vie per l’arte del ritratto, quasi un dialogo fra due pittori che, fino ad allora, avevano fatto di quel genere artistico la loro specialità, ma che, per ragioni diverse, lo abbandoneranno. Brough morirà nel 1905, a soli 32 anni, a seguito delle ustioni causate da un incidente ferroviario, mentre Sargent, proprio intorno a quell’anno, inizierà a dedicarsi quasi esclusivamente alla pittura di acquarelli.
In una lettera di una viaggiatrice americana, Caroline Fitzgerald, amica di Henry James, Sargent e Burne-Jones, così si legge: «I met a man in the country named Brough, an artist, Scotch, who is such a friend of Skeoch Cumming. He lives with Sargent. I believe he is talented». Di talento ne aveva certamente molto, questo giovane pittore che divenne protégé di Sargent, ma che morì troppo presto per consolidare la propria fama e dar seguito a quelle intuizioni che forse ne avrebbero fatto uno dei protagonisti della nuova pittura inglese di inizio Novecento.
Nato il 20 marzo 1872 nei pressi di Invergordon, figlio illegittimo di una cameriera della duchessa di Hamilton, dopo aver studiato alla Royal Scottish Academy School e aver dipinto alcuni ritratti che ebbero notevole successo nella buona società scozzese, nell’estate del 1894 si trasferì a Parigi. Insieme all’amico Samuel Peploe frequentò l’Académie Julian ed ebbe soprattutto modo di osservare quella pittura non accademica che stava avendo grande successo nella capitale francese. Nel 1894 si era tenuta al Salon des Indépendants la seconda esposizione dei Nabis, fra i quali vi erano Bonnard, Vuillard e Vallotton che pochi anni prima avevano lasciato l’Académie Julian, mentre l’anno precedente Paul Gauguin aveva esposto le sue opere presso la galleria Durand-Ruel prima di far ritorno a Pont-Aven. Anche Brough soggiornò spesso in Bretagna insieme a un gruppo di pittori inglesi fra i quali Robert Polhill Bevan, Roderic O’Conner e John Duncan, con i quali aderì ai temi e ai modi del movimento sintetista. Due quadri di Brough che si trovano a Venezia, a Ca’ Pesaro, rendono perfettamente l’idea della tensione stilistica e del suo talento in quegli anni di formazione.
Le esperienze francesi diedero a Brough quella solidità che gli rese possibile affrontare, una volta rientrato in Scozia, una serie di ritratti della società locale fortemente caratterizzati da una raffinata ricerca di penetrazione psicologica. È il caso del ritratto di Dolly Crombie (Aberdeen Art Gallery and Museums), eseguito a soli 24 anni, in cui si mescolano tutte le tonalità del rosso, dai fiori nel vaso al vestito della giovane, fino al rossetto sulle labbra e al ventaglio che tiene in mano, che contrastano con il pallore dell’incarnato.
Ma è nel 1897 che Brough dipinse il quadro che rappresenta una (prima) vera svolta nella sua carriera, quel Fantaisie en Folie (Tate Britain) che molto deve alle opere di Whistler, anche se con un movimento e un senso della teatralità del tutto peculiari. La giovane donna, completamente vestita di scuro e con il volto pallido, è ritratta di profilo in una posa che non si comprende quanto sia di reale abbandono ai propri pensieri o sofisticatamente artefatta.
Il successo di questo dipinto diede a Brough la fiducia per confrontarsi con il mondo artistico londinese, dove avvenne l’incontro più importante della sua carriera: quello con John Singer Sargent. Brough iniziò a frequentare l’alta società e a conoscere un improvviso successo. Il legame umano e artistico con Sargent si fece più profondo e, quando il pittore americano si trasferì nello studio al numero 31 di Tite Street, lo scozzese andò al numero 33. A soli 28 anni era ormai un artista conosciuto e sofisticato, che ci viene descritto alto, bello, e che addirittura era riuscito a vincere la balbuzie giovanile. Il suo successo sembrava andare di pari passo con il fascino e il trionfo sociale.
Ma qualcosa minava l’apparente perfezione. I suoi ritratti iniziavano a sembrare privi della sperimentazione e freschezza degli inizi e mostravano anzi una sorta di ripetitività e stanchezza. La stessa stanchezza che forse provava Sargent quando affermò che «ogni ritratto è un altro nemico». In realtà si trattava di cogliere le suggestioni di un nuovo modo di dipingere, che era però distante dalle aspettative dei committenti aristocratici o alto borghesi di Sargent e Brough i quali, per assecondarne le richieste, rischiavano di sembrare fuori moda.
Nel 1904 Brough, insieme al pittore George Jacomb-Hood, compì un lungo viaggio fra il Marocco e la Spagna che produsse in lui l’interesse per nuovi soggetti. In quegli anni Sargent stava abbandonando la ritrattistica e forse lo stesso avrebbe fatto anche Brough. Uno dei suoi ultimi dipinti, un piccolo, informale studio di una ragazza che si pettina i capelli, in cui si intravede una sorta di nuova consapevolezza e condivisione di quei movimenti artistici di matrice intimista di inizio Novecento, che ebbero in Bonnard e Vuillard e, in Inghilterra, nel gruppo di Bloomsbury i loro maggiori interpreti, rappresenta forse l’inizio, per il pittore scozzese, di nuovi e possibili percorsi artistici.
Il 20 gennaio 1905 a Storrs Mill, vicino Cudworth Junction, fra Leeds e Sheffield, Brough venne però coinvolto nell’incidente del treno su cui stava tornando a Londra e il giorno dopo morì per le ustioni riportate. Accanto a lui, fino alla fine, ci furono la madre e Sargent. La mostra su Manet e i Postimpressionisti, organizzata da Roger Fry alla Grafton Gallery nel 1910, viene generalmente considerata una sorta di momento finale per l’arte edoardiana, quasi l’annuncio dell’arrivo di un’epoca moderna per la pittura inglese. Con lo scoppio della prima guerra mondiale quel senso di fiducia e sicurezza tipico della società di fine Ottocento svanì improvvisamente, svelando una profonda e inattesa incertezza.
I ritratti di Sargent sembravano ormai appartenere al passato. È impossibile sapere come sarebbe potuta evolvere la carriera di Robert Brough, se avrebbe dipinto ritratti nello stile più moderno di William Orpen, Ambrose McEvoy o William Nicholson oppure avrebbe abbandonato il genere, ma nei suoi ultimi lavori si intravede chiaramente quella nuova sensibilità novecentesca con cui il giovane scozzese e la sua generazione stavano iniziando a fare i conti.