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Fuseli, damine e cortigiane, maniera londinese

Fuseli, damine e cortigiane, maniera londineseenry Fuseli: «Due cortigiane a una finestra», 1790, Belfast, National Museums

Alla Courtauld di Londra Henry Fuseli fashion e fetishism. Rispetto al pittore spiritato dell’Antico, una diversa produzione legata ai riti sociali della più moderna fra le capitali europee: cinquantuno splendidi disegni

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 30 ottobre 2022

Sebbene da tempo superata dalla storiografia, la classica successione da manuale secondo cui al Neoclassicismo (David) succede il Romanticismo (Delacroix) in qualche modo sopravvive sempre negli schemi mentali di chi non conosce a fondo quell’irripetibile stagione. Eppure c’è un’opera, universalmente nota, che da sola basterebbe a mettere in crisi questa periodizzazione di massima: L’Incubo di Johann Heinrich Füssli (o Henry Fuseli), immagine iconica della rappresentazione dell’inconscio, con quel sinistro coboldo accovacciato sul ventre di una donna addormentata, in un’ambientazione notturna carica di mistero e incongruità (cosa significa la testa di cavallo con gli occhi spiritati che fa capolino da dietro la tenda?), venne dipinto nel 1781 a Londra, tre anni prima che David esponesse a Roma il Giuramento degli Orazi.

Fuseli mostrava al pubblico (che reagì subito entusiasta) una possibile strada verso la modernità, che non sarebbe stata subito percorsa, anzi; e che ben difficilmente sarebbe stato possibile spalancare a Roma. Eppure proprio dall’Urbe egli era appena rientrato, due anni prima, dopo un lungo soggiorno in Italia che gli era stato raccomandato nel 1770 da Reynolds, il quale pensava forse che il talento irruento e visionario di quel giovane svizzero andasse educato, imbrigliato. Ma la visione terribile e grandiosa dell’Antico, declinata in tutt’altra maniera rispetto a David, esaltarono quella vena di Fuseli, e il frutto più maturo dell’esperienza italiana fu un’altra immagine nota a tutti, quella del giovane artista impressionato e disperato di fronte ai frammenti colossali della statua di Costantino nel cortile del Palazzo dei Conservatori.
Fuseli si nutrì degli stimoli che quella Roma, capitale indiscussa per l’ultima volta, forse, di un’Europa unita dal culto dell’Antico, offriva a un artista di genio, che poteva guardare contemporaneamente a Mengs e a Piranesi, e magari anche a Giuseppe Cades. Il fermento c’era tutto, tutto poteva succedere; ma c’era bisogno di un Paese davvero moderno perché la modernità dell’animo curioso e tormentato di Fuseli trovasse un terreno fertile su cui attecchire. Lo capiva bene il naturalista tedesco Georg Forster, uno spirito colto che, pure più giovane di Fuseli di tredici anni, e approdato la prima volta Inghilterra già nel 1766, dopo aver girato letteralmente tutto il mondo, e aver visitato anche Parigi, nel 1789 commentava: «il plauso che le opere di Füssli ottengono in Inghilterra denota meglio di ogni altra cosa l’eccentricità del gusto di quel paese… la sua fantasia si trovò a suo agio tra selvagge visioni e immagini straordinarie. Questa disposizione, che frenata da una più matura capacità di giudizio sarebbe sfociata in un’ardita grandezza, lo ha soltanto ben presto condotto a tutte le sregolatezze della maniera».

Artista naturalmente oggi molto amato, anche proprio per questo essere in anticipo sul proprio tempo, Fuseli è praticamente assente dalle collezioni pubbliche italiane. Nel 1977 egli era però stato uno dei protagonisti del memorabile I pittori dell’immaginario: arte e rivoluzione psicologica di Giuliano Briganti, e in quello stesso anno gli veniva dedicato uno dei «Classici dell’Arte» Rizzoli, scelta niente affatto ovvia per le caratteristiche di quella collana. Due anni prima, alla Tate Gallery di Londra, si era tenuta una grande monografica sull’artista, recensita in Italia da Arbasino che, da par suo, evocava, tra i protagonisti del mondo figurativo di Fuseli, «debuttanti al ballo… assassini di sovrani in costumini da operetta a frange… Ondine sceme in punta di piedi e con i pomelli accesi». Accanto alle creature più tipiche di Fuseli («diavoli di Milton in déshabillé… gaie creature del bosco metà ranocchie e metà libellule») Arbasino, amante del teatro e dell’opera tanto quanto lo era stato Fuseli, non poteva non notare quella folla di «damine alla moda in pizzi e piume e asprì» che compaiono sì nei dipinti del maestro, ma soprattutto nei tanti suoi bellissimi disegni (che non a caso venivano catalogati nel Classico Rizzoli, come raramente accadeva negli altri volumi della serie).

Cinquantuno fogli di Fuseli, molti dei quali raffiguranti appunto damine e debuttanti al ballo, accanto però a prostitute, si possono ora ammirare, fino all’8 gennaio, alla Courtauld Gallery di Londra, nella sofisticata mostra Fuseli and the Modern Woman: Fashion, Fantasy, Fetishism (catalogo Paul Holberton, a cura di David H. Solkin e Ketty Gottardo, curatrice della collezione di disegni al Courtauld; pp. 168, £ 30,00). Questo svizzero naturalizzato inglese sarà celebrato nelle sue due patrie, poiché la rassegna, in una veste in parte diversa, approderà poi alla Kunsthaus di Zurigo (24 febbraio-21 maggio 2023); e, per una strana e fortunata coincidenza, Fuseli è protagonista ora anche di una mostra allo Jacquemart André di Parigi: Füssli: entre rêve et fantastique (fino al 23 gennaio).

I fogli riuniti a Londra nelle tre sezioni dell’esposizione (i ritratti, soprattutto della moglie; le moderne Callipigie, bellezze viste di spalle; le cortigiane) sono in gran parte lontani dall’immagine più tipica di Fuseli. Slegati da ogni riferimento alla poesia inglese cara all’artista, e incentrati sulla vita contemporanea di quello che era allora il centro del mondo, Londra appunto, questi splendidi fogli, spesso acquarellati, sollevano tanti interrogativi: non ricollegabili ai suoi dipinti maggiori, è possibile che si trattasse di opere finite già pensate per il mercato, sebbene poi mai vendute dal maestro. In alcuni sono presenti iscrizioni in greco, associate a immagini di cortigiane (magari a teatro), con un effetto spiazzante. Protagonista di tutti i fogli è la donna, in abiti eleganti e con acconciature elaborate, che a volte sono il vero soggetto del disegno, come in quello neo-parmigianinesco del Courtauld in cui la figura è ritratta rigorosamente di spalle. C’è, dal Cinquecento, una tradizione di immagini di teste femminili con improbabili e raffinatissime capigliature, da quelle ideali di Michelangelo (artista feticcio di Fuseli) fino alle Varie acconciature di teste incise da Giovanni Guerra; e sulla falsariga di Arbasino si potrebbe arrivare a evocare quella sfoggiata da Franca Valeri ne La ragazza del palio.

Partendo da un dato reale, Fuseli spingeva spesso sul pedale dell’esagerazione, con effetti a volte quasi caricaturali; del resto Anna Ottani Cavina pensava che Fuseli «un poco barasse enfatizzando il suo strazio davanti ai frammenti del colosso abbattuto di Costantino; dove artificio ed iperbole, sproporzione e tragedia non escludono affatto la componente teatro». Già l’amato Shakespeare proclamava che «All the world is a stage», e nella Londra di Fuseli quella massima doveva essere ancora più vera.

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