Un paio di mesi fa, in una delle sue abituali esternazioni da opinionista, Arrigo Sacchi ha diviso gli allenatori di calcio in tre categorie: nella prima, molto ristretta, Sacchi ha inserito i geni, gli innovatori; nella seconda, affollatissima, ha collocato gli «orecchianti», coloro che si adattano e seguono la moda; nella terza, Sacchi ha inserito gli allenatori che non riescono a staccarsi dal passato, da un solo sistema di gioco. Le divisioni di Sacchi – soprattutto le ultime due categorie – mi sono ritornate in mente mentre entravo alla Fondazione Prada, a Milano, per la mostra L’Image Volée, curata dall’artista tedesco Thomas Demand, e visitabile fino al 28 agosto.

Thomas Demand che aveva curato nel 2010 al Nouveau Musée National de Monaco la mostra La carte d’après nature – a cui era seguito il magnifico libro, edito da Mack – in quel frangente aveva rivitalizzato l’opera di Ghirri, tra le altre. In questo caso, attraverso l’appropriazione di più di novanta opere realizzate da una sessantina di artisti tra il 1820 e oggi, l’escursione del collezionista Demand (nel senso dato da Walker Evans al concetto di collezionismo) è una riflessione su come tutti noi ci rapportiamo al nuovo attraverso modelli già esistenti, e su come, inevitabilmente e con buona pace di Sacchi, gli artisti, seguano una tradizione, un’iconografia del passato per la realizzazione dei propri lavori.

La mostra si snoda su tre sezioni. Nella prima, intitolata Literally Stealing, le opere esposte sottolineano l’assenza, l’appropriazione fisica dell’oggetto. In Disparitions, per esempio, Sophie Calle ha sollecitato i dipendenti di musei nei quali si erano verificati furti; l’artista francese ha chiesto loro di descrivere i quadri rubati, ma l’esito è stato scoraggiante, e per questo anche molto proficuo, vista l’incapacità – o impossibilità – di ricostruire la presenza del quadro attraverso la parole. Ulay, in un video del 1976, ha letteralmente rubato un quadro del 1839 – Il povero poeta, di Carl Spitzweg – dalla Neue Nationalgalerie di Berlino, e lo ha appeso nella modesta casa di una famiglia turca residente nel quartiere di Kreuzberg, sollevando così interrogativi sul senso di essere tedeschi, oltre che poveri. In una fotografia di Paul Graham, Untitled 2003, nell’abitazione disabitata di un fumatore è ritratto lo spazio di due quadri rimossi, di cui restano, oltre all’alone, i chiodi conficcati nel muro.

La seconda sezione, intitolata Iconographic Poaching, indaga soprattutto la sottrazione relativa all’immagine, più che all’oggetto in sé. Thomas Ruff in passato aveva lavorato sulle fotografie pornografiche prese dalla Rete, sgranandole e trattandole a tal punto da rendere i corpi docili, ma indecifrabili. Nell’opera esposta, tratta dalla serie jpeg, Ruff fa un’operazione ancora più politica: usa la fotografia di un gigantesco iceberg e la sgrana in modo che l’immagine diventi un invadente pixel, che tuttavia, nel suo stato impalpabile, liquido, richiama ciò che accade nella realtà: con l’innalzamento della temperatura il ghiaccio si scioglie, e l’opera di Ruff, che tende alla frammentazione, alla dissoluzione, ce lo ricorda. L’artista albanese Anri Sala, in un video intitolato Agassi, mostra un ritratto del tennista uscito sull’International Herald Tribune. È il primo piano di Agassi, lo sguardo concentrato, pochi istanti prima dell’impatto tra racchetta e pallina. Sembra che vi sia un leggero sfasamento tra lo sguardo del tennista e la posizione della pallina. L’artista si appropria di questa infinitesimale dissonanza e crea l’armonia dell’opera, aggiungendo, al volto di Agassi, la comparsa di un cerchio bianco, che appare per due volte, accanto alla pallina, nel punto in cui Agassi rivolge lo sguardo. Nel video, il tempo tra la comparsa di un cerchio e l’altro è il tempo medio impiegato dal colpo di Agassi per raggiungere il campo dell’avversario, ovvero 0,79 secondi.

La terza sezione, intitolata Pictures that steal, rappresenta il furto attraverso l’immagine stessa. Andree Korpys e Marcus Loeffler nel video The Nuclear Football, danno voce a un personaggio che sussurra: «La palla da football nucleare contiene i codici di lancio per un attacco nucleare. La palla da football nucleare è sempre nei pressi del presidente…». I due artisti hanno filmato una visita ufficiale di George W. Bush in Germania. Il gigantesco aereo presidenziale fermo sulla pista dell’aeroporto, in attesa della macchina presidenziale, il corteo di berline nere salutato dai militari tedeschi: tutto assume una tonalità cospirativa, da pneumatici che scivolano sull’asfalto bagnato in un pomeriggio autunnale di pioggia, paranoia alla Don Delillo, l’ossessione visiva per una inquietante ventiquattrore nera. Grazie a un punto di vista leggermente scostato rispetto alle immagini che di solito ci trasmettono i media – i due artisti sconfessano le immagini ufficiali grazie a questa discrepanza, direi, tra ciò che è e non è, e ciò che non è e potrebbe essere. Che poi è quanto chiediamo all’arte. Una piccola infrazione, uno strappo liberatorio che possa rivelare un tempo imperturbabile, in cui tutto, benché già avvenuto, accade ogni volta.