Chi in Polonia vuole raccontare la crisi migratoria al confine non si può sentire al sicuro neanche fuori dalla zona d’emergenza. Nel pomeriggio di martedì l’esercito polacco ha aggredito tre fotogiornalisti nei dintorni del villaggio di Michalowo, una località vicina ma non all’interno della cosiddetta no entry zone di 3 chilometri, alla frontiera con la Bielorussia. La notizia è stata data dalla Press Club Polska (Pcp), un’associazione polacca della stampa. In un comunicato rilasciato qualche ora dopo, il ministero della Difesa della Polonia ha negato che sia stata usata violenza nei loro confronti ma i lividi sui polsi di due dei fotoreporter, nelle immagini pubblicate da Pcp, non lasciano adito a dubbi.

IN QUESTO MOMENTO a poter raccontare meglio il conflitto non sono le ong o la stampa, tenuti lontani dall’epicentro della crisi, ma i cittadini che vivono nella zone al confine. Lo hanno fatto ieri con una lettera-appello alle istituzioni polacche gli «abitanti dell’area della Foresta di Bialowieza», residenti nella regione della Podlachia, nel profondo nordest del paese.

La Podlachia resta l’epicentro delle operazioni di respingimento dei migranti in Bielorussia che proseguono incessantemente dal mese di agosto. Nelle ultime settimane, tuttavia, la crisi umanitaria alla frontiera ha assunto una portata sempre più drammatica, soprattutto al checkpoint di Kuznica, dove ogni giorno si registrano decine o centinaia di tentativi di attraversamento al confine, spesso con la complicità del vicino bielorusso.

«Comprendiamo le numerose restrizioni e limitazioni con le quali, vivendo nella zona di stato di emergenza, dobbiamo confrontarci», si legge nella missiva firmata da oltre un centinaio di persone che vivono intorno a una delle ultime foreste primarie in Europa. Dichiarata patrimonio dell’umanità dell’Unesco, la foresta di Bialowieza, un centinaio di chilometri, o poco più, a sud di Kuznica, è divisa tra due paesi che continuano a rimandare da un lato all’altro del confine quei disperati che riescono ad attraversare la frontiera. Tre anni fa i polacchi avevano pianto, tra le proteste della comunità internazionale, gli alberi di Bialowieza, vittime del disboscamento voluto dal governo della destra populista di Diritto e giustizia (Pis), nel tentativo di eradicare un’epidemia causata da un piccolo coleottero, il bostrico. Adesso, invece, gli abitanti a ridosso delle zone boschive e le famiglie dei migranti rischiano di piangere degli esseri umani.

Ecco cosa scrivono nell’appello indirizzato al presidente Andrzej Duda e al premier Mateusz Morawiecki, ricco di testimonianza dirette: «Non lontano dalle nostre case, tra i canneti lungo il fiume, un padre di tre figli sta cercando di proteggerli dalle gelate notturne. Uno dei bambini, un maschietto di tre anni, è malato, ha problemi di stomaco, presumibilmente per aver bevuto acqua sporca, non ha pannolini né vestiti di ricambio. Tutti e quattro trascorrono la notte in vestiti sporchi e bagnati».

GLI AUTORI DELLA LETTERA non dimenticano le responsabilità del regime di Lukashenko in merito alla crisi. «Questo è un atto disumano: dal momento che non ci sono dubbi che il regime bielorusso è crudele con i rifugiati, perché allora le forze dell’ordine polacche – per usare una metafora che ogni polacco dovrebbe intendere – scortano questi profughi fin sotto ai cancelli del “lager”?».

Infine, i firmatari della lettera invocano con urgenza un cambiamento di rotta da parte del governo: «Lo spirito umanitario di noi abitanti della zona di emergenza è messo alla prova con durezza perché, a causa dell’impossibilità di accedere ai servizi preposti all’assistenza e alla sicurezza, dobbiamo agire di nostra iniziativa. Con l’inverno imminente, prevediamo che la situazione diventerà drammatica».

INTANTO IL VALICO di Kuznica è chiuso da una settimana e anche il commercio si è fermato. I bielorussi non possono più andare oltreconfine a rivendere benzina a prezzi ribassati ai polacchi e nemmeno comprare generi alimentari di qualità migliore dai propri vicini. A essere colpiti anche il segmento turistico e quello della ristorazione. Lunedì sono arrivati i primi risarcimenti per gli imprenditori delle zone del voivodato di Lublino in cui vige lo stato di emergenza. Ma la situazione resta difficile per molti. Si tratta di una piccola crisi, in quella ben più grande e drammatica, che stanno vivendo le persone finite nel limbo infernale tra Polonia e Bielorussia.