Alla fine della giornata, «il giorno più difficile, una comunità si spacca» dice Nichi Vendola, saranno in quattro i ’fuoriusciti’. Tutti deputati, ’soci fondatori’ di Sel. Claudio Fava, vicepresidente della commissione antimafia, Titti Di Salvo, vicepresidente del gruppo, Ileana Piazzoni, pasionaria pro Schulz, e naturalmente Gennaro Migliore, il capofila. Nella notte di martedì aveva rassegnato «dimissioni irrevocabili» da capogruppo alla camera. Una vita accanto prima a Bertinotti, poi a Nichi Vendola. Dal ’91, la nascita di Rifondazione, una serie di scissioni subite: nel ’94 quella dei comunisti unitari, nel ’98 quella dei comunisti italiani; nel 2009 è il nucleo di Sel a lasciare il Prc per fondare una sinistra che guarda al centrosinistra. Oggi tocca a lui stare dalla parte del torto. Lo scrive in una lettera a Vendola, prima che inizi la segreteria convocata proprio sulle sue dimissioni. «Ieri è stata messa in discussione non l’espressione di un punto di vista diverso, ma la deontologia di una posizione in seno a una comunità politica: il “sequestro della linea”, appunto. Per me si è rotto un vincolo di fiducia». Continua: «Non è giusto che tale fibrillazione permanente disorienti i militanti, che sono la prima risorsa di Sel». Ma «non è nemmeno giusto che la mia posizione venga descritta come quella di un sabotatore». Rivendica la sua «lealtà» ma ormai è meglio il divorzio, «prima che alla prossima occasione di dissenso riparta il processo mediatizzato e le accuse di sequestrare la linea».

La segreteria si svolge comunque, è lì che Di Salvo pronuncia il suo addio. La rottura era nell’aria da tempo, ma tutto è precipitato, spiega chi se ne va, mercoledì mattina in aula. Il gruppo, dove avevano vinto i sì al decreto Irpef (contro l’astensione proposta da Vendola, che non era presente), vota disciplinatamente sì. Ma i due indipendenti Giulio Marcon e Giorgio Airaudo annunciano la propria astensione: «Una scelta personale ma che interpreta la convinzione di quasi metà gruppo». È un dissenso al contrario: la maggioranza del partito diventa minoranza nei gruppi parlamentari, esperienza comune in questa legislatura: il Pd l’ha risolta alla maniera di Renzi. Vendola, in Transatlantico, usa parole pesanti: «Un gruppo parlamentare non può essere di impedimento alla linea politica decisa da un congresso».

Anche Piazzoni scrive una lettera al presidente, «ho sempre detto che l’ispirazione che ci ha portato a scegliere la lista Tsipras per me non era condivisibile. Ora, passata quella fase, la stessa ispirazione è quella della nuova Sel. Non la condivido lo stesso». La serie dei ’fuoriusciti’ si aggiunge ai due parlamentari (Aiello e Ragosta) già passati al Pd ma finisce qua, per adesso. Se ne aspettano altri nei prossimi giorni, una decina almeno. Voci che girano, pensieri e ripensamenti. Sarebbero in forse – ma non arrivano conferme né smentite, i cellulari restano muti – De Zan, Pilotti, Quaranta, Piras, tutti deputati. L’abruzzese Melilla torna nel collegio, deciderà in assemblea con i compagni, sabato: «Certo penso a Sel autonoma dal Pd, non dentro il Pd. Vorrei seguire la mia coerenza». C’è anche un senatore in ballo, Cervellini.

Restano nel partito invece Ciccio Ferrara e Peppe De Cristofaro, compagni e amici di una vita di Migliore. Resta anche il tesoriere Sergio Boccadutri, anche lui vicinissimo all’ex capogruppo. Massimiliano Smeriglio, ultrà della linea-Tsipras e vice di Zingaretti nel Lazio è durissimo: «Chi voleva dare un colpo a Sel ci è riuscito. E non si racconti che si lascia un partito per un intervento alla camera. Era tutto già deciso, semmai il decreto Irpef ha anticipato i tempi. Ma la scissione è un lusso da parlamentari. Nel partito non c’è notizia di smottamenti. Ci rimettiamo in pista subito». Mercoledì a Roma, una riunione di direzione pubblica e aperta «per ripartire». «Aspettiamo che si fermino questi annunci per tirare una linea e decidere insieme», annuncia il coordinatore Nicola Fratoianni. Prima una riunione parlamentare, per eleggere un nuovo capogruppo, e per contare i superstiti. «Nessuno ha mai pensato di trasformare Sel in una ridotta minoritaria, incapace di dialogare con il Pd».

I fuoriusciti invece per ora scelgono il gruppo misto. Migliore annuncia «molte riflessioni»: sarà una vena aperta ancora per qualche giorno. Ma all’orizzonte non c’è una nuova formazione di sinistra: c’è un progressivo avvicinamento al Pd. Forse un nuovo gruppo parlamentare con un riferimento al Pse, a cui Sel aveva pure chiesto di aderire qualche mese fa: mercoledì Migliore ha incontrato, in un corridoio di Montecitorio inaccessibile ai cronisti il capogruppo del Psi alla Camera Marco Di Lello e Guglielmo Epifani. La sera ha visto il vice di Renzi Lorenzo Guerini e il tesoriere Pd Francesco Bonifazi («incontro casuale», giura).

All’uscita della segreteria Vendola cerca di sorvegliare i toni, la sinistra degli abbandoni ha almeno imparato a separarsi: «Se ne vanno compagni straordinari come Migliore. Per me è come un figlio e provo dolore per una perdita forte dal punto di vista umano e politico. «Noi siamo una forza di sinistra e non vogliamo smarrire la bussola. Immaginare che questa bussola possa portare a sostenere il governo è andare fuori strada». Renzi, dal canto suo, per la prima volta interviene: «Chi guarda al Pd troverà un partito aperto». Per Sel è il primo dei giorni più lunghi. E non è chiaro quale Sel si risveglierà alla fine della nottata.