Una delle manifestazioni più partecipate della recente storia del Giappone: decine di migliaia di giapponesi hanno protestato contro le basi militari americane a Okinawa, chiedendo una revisione dell’accordo di sicurezza tra i due paesi.

Si tratta del centro delle relazioni diplomatiche e militari tra Giappone e Stati uniti: le proteste infatti mettono in grave difficoltà Shinzo Abe, che proprio sull’alleanza con gli Stati uniti sta basando la sua politica estera nell’area in chiara funzione anti cinese. A Okinawa ci sono almeno 30mila militari americani, senza considerare tutto il personale che ruota attorno alle basi e che porta la presenza americana a un totale di quasi 50 mila persone. Le strutture sull’isola gestite dagli americani, tra basi, uffici, magazzini, centri di addestramento, sono 33.

Alla manifestazione di ieri, l’ennesima, hanno partecipato 67mila persone secondo gli organizzatori, con cartelli e striscioni chiari: «Fuori i militari Usa da Okinawa». Le ragioni della protesta non risiedono solo nella rabbia popolare per le truppe americane sull’isola, quanto sull’ennesimo esempio di violenza che questa presenza ha scaturito. Lo scorso maggio infatti Rina Shimabakuro – una ragazza giapponese di 20 anni – è stata rapita, stuprata e uccisa: un ex militare americano presso la base di Kadena, Kenneth Franklin Gadson (sposato a una donna giapponese) è stato arrestato. L’accusa però è stata quella di «abbandono di cadavere» e non di omicidio.

La protesta di ieri a Okinawa era guidata proprio dal padre della giovane che ha chiesto a gran voce la chiusura di tutte le basi militari americane sull’isola. Okinawa è sostanzialmente occupata dagli Stati uniti (dal 1957). Dal 1972 – quando il Giappone ha riottenuto la sovranità sull’isola – non sono mancati episodi di violenze, anzi, sono proprio queste la causa principale delle proteste che nel tempo si sono succedute. Secondo i media giapponesi da allora ci sarebbero stati oltre 500 crimini tra omicidi, stupri, rapine. Il caso della ragazza di 20 anni recentemente uccisa, inoltre, ha portato alla memoria un altro delitto simile avvenuto nel 1995, quando una giovane venne stuprata da tre militari Usa.

«Ci eravamo impegnati perché non accadesse più», ha detto il governatore di Okinawa Takeshi Onaga, rivolgendosi ai manifestanti. «Non ho potuto cambiare il sistema politico per evitarlo. Questo è il mio maggior rammarico come politico e come governatore», ha aggiunto.

Nelle settimane scorse l’amministrazione americana ha tentato – in parte – di affrontare la questione in seguito ad un altro problema. Il comando militare americano della base di Okinawa ha infatti imposto il divieto di consumo di alcool per tutte le truppe stazionate sull’isola.

L’«interdizione» vale anche per i marinai che hanno la residenza fuori dalla base di Kadena. Questi ultimi non potranno viaggiare se non per attività definite «essenziali», come visite al supermercato, palestra, o rifornimento di benzina. In un messaggio diramato dal contrammiraglio Matthew Carter, comandante in capo delle forze navali americane in Giappone, le forze militari Usa hanno spiegato come i recenti episodi riportati dai media locali influenzino le relazioni diplomatiche tra i due paesi e la percezione riguardo ai militari sull’isola. Il fatto a cui si riferiva è capitato qualche giorno prima della decisione del comando: l’ufficiale donna Aimee Mejia era stata arrestata dopo che, sotto l’effetto dell’alcol, aveva invaso la corsia opposta, provocando il ferimento di due persone.