Alla parola «controinformazione» François Maspero risponde a Chris Marker che «sensibilizzare» la percezione comune su alcuni temi in senso opposto a quanto l’informazione di tv, radio, stampa fa ogni giorno, è «un lavoro lungo e complesso». Serve la propria esperienza, servono testimonianze concrete – per lui gli esempi, siamo nel 1970, sono la guerra d’Algeria o quella del Vietnam, ovvero dire cosa significa vivere sotto le bombe a Hanoi o subire la repressione francese nella ex-colonia che rivendicava l’indipendenza utilizzando mezzi che fecero scuola alla Cia.

EDITORE indipendente e politico con le sue Editions Maspero con cui ha sfidato censure e divieti, mai dogmatico – sugli scaffali della sua libreria ci sono Marx e Michaux, Lenin, Baudelaire e Vian, e nel «catalogo» i libri più importanti sono quelli non pubblicati – Maspero, la cui famiglia venne deportata nei campi di concentramento – si salvò solo la madre, il padre combattente nella Resistenza morì a Buchenwald – è il protagonista di questo breve film di Chris Marker: On vous parle de Paris: Maspero, le mots ont un sens (1970) – presentato nel restauro digitale all’interno della sezione Forum 50. C’è in questo «ritratto» – che poi è anche quello di un passaggio storico, una risonanza con l’attualità nonostante temi e situazioni siano dentro a un Novecento «perduto» rapidamente nel nuovo millennio. Eppure. Questa necessità di «informare» non è, o almeno dovrebbe essere specie oggi prioritaria? E come farlo, con quali fonti, in quali luoghi? Se i media – almeno nel nostro Paese come dimostra il modo «urlato» con cui viene affrontata ogni questione, una per tutti in questi giorni il Coronavirus, lavorano per la superficialità cosa si può opporre? Lì erano le letture, i libri soppesati nelle mani dei frequentatori della sua libreria – Maspero continuò il lavoro di editore fino all’82, iniziando poi a scrivere – nel tempo dei social, quando la formazione del pensiero è data da questo o quel commento – tweet o altro – che diventano «veri» appena lanciati cosa è una «controinformazione»? Sarà forse per questo che gli immaginari sembrano di nuovo, più che mai, rivolgersi alle pagine scritte della letteratura? E non solo trasposizioni – che peraltro caratterizzano la prossima stagione cinematografica – ma incursioni negli universi letterari come nel film che ha aperto la Berlinale 2020 – My Salinger Year.

ALLA LETTERATURA guarda la nuova opera di Cristi Puiu, autore di punta di quel nuovo cinema rumeno degli anni duemila (Aurora, La morte del signor Lazarescu) che ha lavorato sui Tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo di Vladimir Soloviev, filosofo russo tardo ottocentesco (1853-1900) il cui pensiero mette al centro lo scontro tra Bene e Male, l’ascesi, la libera scelta dell’uomo attraverso la figura dell’Anticristo.
Malmkrog – che ha inaugurato il nuovo concorso Encounters voluto da Chatrian – è in un certo senso il tentativo costante di costruire un controcampo con le immagini alla dimensione letteraria – senza «tradirne l’assunto», monumentale come la sua ispirazione che tocca temi assoluti; si parla del Male e del Bene, della religione e della guerra, della cultura e della morale, dell’occidente e della sua supremazia Nella residenza di campagna di Nikolai, un proprietario terriero, si ritrova un gruppo di amici, le ore passano e la conversazione che segue il movimento di un «gioco di società» diviene sempre più seria.Chi sono questi uomini e donne? Dei nobili, degli europei, un generale russo e sua moglie, una giovane contessa, un politico, ciascuno con una interpretazione dell’ordine del mondo diversa che viene reciprocamente messa in discussione mentre il confronto assume toni sempre più accesi.
Puiu divide in capitoli – uno per ogni personaggio – quella che appare una pura astrazione, siamo fuori dal tempo, e anche se i costumi e alcuni dei riferimenti datano un’epoca del passato – la «trama» delle parole riguarda una declinazione universale: la natura dell’essere umano, le leggi che fondano la narrazione del mondo, il pensiero, il rapporto con l’assoluto, le declinazioni del potere militare, religioso, la «sovranità» dell’Europa su qualsiasi altro popolo perché la civiltà europea è superiore alle altre e .si deve resistere alle «nazioni inferiori». «Sono i popoli eletti che guidano l’universo»…Non è un’eco del presente, e insieme di una Storia che ha costruito l’immagine e la sostanza occidentali? Non sono i dogmi religiosi ciò che sconfigge la distanza temporale ordinando la società e i suoi rapporti?

IL RIFERIMENTO più evidente è Manoel De Oliveira del quale Puiu «cita» alcune composizione di inquadratura,il gioco di specchi e di prospettive, la frontalità e la distanza che muta secono i passaggi della conversazione. Rispetto però alla forma «saggio» dell’autore portoghese, qui il corpo a corpo del cinema col testo, e con l’assoluto della parola che fonda quell’universo non raggiunge la tonalità crudele, la leggerezza di un controcampo – se non per la rappresentazione della realtà data dai servi, di cui vediamo solo dettagli, l’intuizione formalmente più felice.

«IL TESTO mi ha portato a rivedere quanto riguarda l’immagine, per questo ho pensato al film come a un modo per interrogare il cinema e la memoria. Ci sono dei limiti nei quali cerco di inserire la mia interpretazione di un testo che considero profetico» scrive Puiu nelle note della regia. Questa tensione non riesce però a trovare un equilibrio, un respiro, e rimane imbrigliata dalla parola del testo, dal suo assoluto che non è quello del cinema.