È la fine dell’anno ma anche l’inizio di qualcosa di nuovo, si spera. In giro tanta gente, però tra la folla non ci si riconosce più e alcuni tirano un sospiro di sollievo. Riconoscersi vorrebbe dire salutarsi o darsi un abbraccio. Ma non si può. È una situazione di malinconia e tristezza accettata, tutta intorno. Ed è quello che troverete nel nuovo album di Gué Pequeno Gvesus. E lasciatevi trarre in inganno dal titolo. Di religioso nell’album c’è poco eppure a ben scavare c’è tanto. La perdita dei valori, i tradimenti, il voler arrivare senza aver talento, il passare avanti senza aver rispettato la fila. Guesus non è un album facile, tanto meno semplice. Per quelli che il rap non si capisce e la trap roba da 20enni e i « cantautori non ci sono più». Vi sbagliate: Gvesus riapre la ferita dimenticata delle generazioni dei 40enni, di un mondo che inghiotte e dei sogni buttati. Con brani come Cose non sane, Senza Sogni (inaspettato duetto con Elisa), Too old to die Young e poi una spietata Nicola Cage (feat. Jadakis). «La felicità è la bugia del secolo» canta Gué: e quanto ci è costato far finta di essere felici? Guardiamoci intorno.