È stata una donna di 54 anni, Amal Tramsa, a cadere ieri sotto il fuoco dei tiratori scelti dell’esercito israeliano. Centrata da un proiettile è morta mentre veniva trasportata all’ospedale. Israele ha anche bombardato, senza fare vittime, due posti di osservazione del movimento islamico Hamas. Amal Tramsa è la terza donna che viene uccisa lungo linee tra Gaza e Israele dall’inizio delle proteste, lo scorso 30 marzo, della “Grande marcia del ritorno” contro il blocco in cui Israele tiene stretta la Striscia di Gaza da 12 anni. Sono oltre 200 i palestinesi uccisi dal fuoco israeliano negli ultimi 10 mesi. E molte altre migliaia sono stati feriti, non pochi dei quali hanno subito l’amputazione di una gamba o altre mutilazioni a causa dei danni causati dai proiettili usati dai cecchini israeliani che, denunciano i medici palestinesi, sono devastanti per le ossa e il sistema vascolare.

Un bilancio di morti, feriti, disabili che ieri ha rischiato di aggravarsi. È stata accolta con rabbia a Gaza la decisione di Israele di bloccare il trasferimento dei 15 milioni di dollari della donazione mensile del Qatar a sostegno della popolazione della Striscia. Quei soldi per molti impiegati pubblici rappresentano la possibilità di recuperare almeno in parte il salario mensile (300 euro in media) non versato ai suoi dipendenti dal governo di Hamas. Sono la sopravvivenza per migliaia di famiglie di Gaza. Il blocco dei fondi è una delle armi che Israele usa per tenere sotto pressione Hamas. È bastata la ripresa del lancio di palloncini incendiari da Gaza verso il sud dello Stato ebraico per spingere il premier e ministro della difesa Netanyahu a bloccare i fondi del Qatar. I palestinesi ieri sono andati in gran numero, oltre 10 mila, verso i cinque accampamenti di tende allestiti lo scorso marzo lungo le linee di demarcazione con Israele. I più giovani hanno sfidato i militari portandosi fin sotto le postazioni dell’esercito e in qualche caso sono riusciti, sia pure solo per qualche istante, ad oltrepassare le barriere.

Le proteste tuttavia sono state più contenute rispetto alle attese della vigilia. Hamas inizialmente aveva avvertito che non avrebbe fatto nulla per contenere la rabbia dei manifestanti. Poi gli uomini della sua sicurezza sono intervenuti per evitare una escalation, con ogni probabilità per le pressioni egiziane. Una delegazione dell’intelligence egiziana, guidata dal responsabile del dossier palestinese, Ahmad Abdelkhaliq, era giunta giovedì a Gaza per incontrare il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, allo scopo di convincerlo a placare gli animi e discutere della situazione del valico di Rafah con l’Egitto, chiuso in uscita da Gaza dopo il ritiro delle guardie di frontiera fedeli al presidente dell’Anp e leader del partito Fatah, Abu Mazen. Lo scontro tra Fatah e gli islamisti non ha soste. Sono state proprio le pressioni di Abu Mazen, e pare anche di Israele, a spingere la Russia a cancellare un incontro a Mosca tra il ministro degli esteri Lavrov e Ismail Haniyeh.