Durante il loro report annuale i capi dell’intelligence statunitense, tra cui il direttore dell’intelligence Dan Coats e la direttrice della Cia Gina Haspel, hanno contraddetto Donald Trump di fronte al Congresso su una serie di temi chiave riguardanti la politica estera e la sicurezza interna.

L’INTELLIGENCE ha affrontato subito il tema più spinoso, l’Isis, che ha perso gran parte del suo territorio in Iraq e in Siria, tanto che, il mese scorso, Trump l’ha dichiarato sconfitto annunciando il ritiro dalla Siria. Secondo i servizi segreti Usa Isis sarebbe sì indebolito, ma non sconfitto, e ancora «comanda migliaia di combattenti sia in Iraq che in Siria, e ha migliaia di sostenitori in tutto il mondo».

Se il gruppo terroristico dato per finito, invece non lo è, un arci nemico dipinto come una delle maggiori minacce per gli Stati uniti, secondo l’Intelligence Usa, non costituirebbe un pericolo immediato. Sull’Iran, infatti, i servizi segreti non hanno raccolto prove che potrebbero giustificare una rottura degli accordi, nonostante l’anno scorso Trump abbia escluso gli Usa dall’intesa voluta da Obama, in quanto, a suo parere quel patto non avrebbe impedito all’Iran di continuare la sua corsa verso il nucleare. Ciò non è accaduto e secondo l’Intelligence, se dovesse accadere sarebbe perché l’Iran non riceve i benefici economici che si aspetta per aver rispettato gli impegni presi con la comunità internazionale.

LA COREA DEL NORD, invece, al contrario di quella che è la narrativa di Trump, «è improbabile che rinunci a tutte le sue scorte nucleari». Dopo il summit dell’anno scorso a Singapore con il nordcoreano Kim Jong Un, dove i due leader hanno concordato di lavorare per una «completa denuclearizzazione della penisola coreana», The Donald ha affermato che la Corea del Nord «non è più una minaccia nucleare». Da allora Trump non ha solo ripetuto questa affermazione, ma ha detto che i negoziati con la Corea del Nord per porre fine al suo programma nucleare stanno procedendo più che bene, e si è impegnato a incontrare nuovamente Kim alla fine di febbraio.
Trump ha invece sempre fornito molti dati riguardo la crisi al confine tra Stati uniti e Messico, problema (inesistente) considerato emergenza nazionale, ma che i servizi segreti Usa non hanno nemmeno menzionato nella loro valutazione.

ANCHE SUL CAMBIAMENTO climatico intelligence e presidenza non sono dello stesso parere. Trump considera il cambiamento climatico una bufala messa in giro dai cinesi per danneggiare l’economia americana, e, come fanno i negazionisti, ogni volta che si imbatte in temperature rigide non perde occasione per mettere in discussione il riscaldamento globale, confondendo meteo e clima. Mentre Trump twittava che «nello splendido Midwest le temperature stanno raggiungendo i -60 («che diavolo sta succedendo al Global Warming? Per favore, torna veloce, abbiamo bisogno di te!»), l’intelligence riferiva che il possibile «danno irreversibile» causato dai cambiamenti climatici potrebbe creare sfide per la sicurezza, in quanto le persone lotteranno per le risorse.

LA COSA DA VEDERE, ora, è se la valutazione dell’intelligence avrà qualche effetto sulla politica estera Usa, o se il presidente continuerà a marciare per la sua strada parallela.

Al momento non sembrerebbe sortire effetti: su Twitter Trump ha reagito definendo «passiva e naïve» l’intelligence Usa, continuando a difendere la Corea del Nord e ad attaccare l’Iran. E definendo «perdita di tempo» gli sforzi bipartisan per risolvere la crisi creata da lui per la costruzione del muro al confine con il Messico.