«La “politica delle frontiere aperte” non è conforme né al diritto europeo né a quello tedesco, e non si accorda al programma della Cdu»: è il passaggio-chiave della lettera, diffusa ieri dai media in Germania, che 39 dirigenti locali del partito democristiano hanno indirizzato alla loro leader Angela Merkel. Un atto di accusa inaudito e durissimo, senza giri di parole. Nessun interesse, evidentemente, a dissimulare la contrarietà alla linea «umanitaria» della cancelliera dietro formulazioni più prudenti: lo scontro è aperto, e deve essere consumato in pubblico.

Non ci sono nomi di grande rilievo fra i firmatari della missiva, ma non è quello che conta: sull’«emergenza profughi» nella Cdu c’è maretta, ed è evidente a tutti. I segnali che così fosse, peraltro, c’erano già: il più clamoroso, le critiche, velate ma inequivocabili, che il democristiano ministro degli interni Thomas de Maizière fece alla scelta di Merkel di accogliere «disordinatamente» i richiedenti asilo. Per tacere dell’esplicita opposizione da parte della Csu, «costola» bavarese del partito della cancelliera, che da tempo si esercita nel «fuoco amico» in direzione del governo di Berlino, malgrado ne faccia parte.

Nella «lettera dei 39» risuona, naturalmente, la preoccupazione che la «troppa accoglienza» faccia perdere voti, a tutto vantaggio dei populisti di destra di Alternative für Deutschland (Afd), che sul tema si stanno scatenando. I sondaggi sembrano offrire un riscontro a questo genere di timori: secondo un’inchiesta di opinione resa nota ieri dal settimanale Stern, alla Afd è attribuito il 7% dei consensi (quindi tranquillamente oltre la soglia di sbarramento del 5%), mentre Cdu e Csu sono dati in calo, rispettivamente dell’1% e del 5,3%. Cifra, quest’ultima, che spiega il motivo del crescente attivismo anti-Merkel del leader bavarese Horst Seehofer, che sente di dover recuperare terreno a destra, e non vuole pagare elettoralmente per «colpe» altrui: nel suo Land la Afd raccoglierebbe addirittura il 9% dei voti. Fosse per Seehofer, la linea da seguire sarebbe quella del premier ultra-conservatore ungherese Viktor Orbán, non a caso ospite d’onore un paio di settimane fa in una riunione di vertice dei cristiano-sociali bavaresi.

Secondo gli autori della missiva alla cancelliera, il governo dovrebbe fare di più per frenare l’arrivo di stranieri in Germania (oltre 200mila a settembre). Le nuove norme più restrittive, che dovrebbero entrare in vigore a inizio novembre dopo il voto dei due rami del parlamento, non bastano: chi non ha titolo a chiedere asilo andrebbe bloccato alla frontiera e immediatamente mandato indietro. E Berlino dovrebbe trovare un modo efficace per fare sapere ai cittadini di Kosovo, Albania e Montenegro che, se si mettono in viaggio verso la Repubblica federale, non hanno nessuna chance di essere accolti.

Gli oppositori interni della Cdu sostengono di interpretare il sentire della maggioranza degli iscritti al partito. Difficile dire se sia realmente così, ma quel che è certo è che nel Paese gli episodi di intolleranza nei confronti dei profughi si registrano quotidianamente. Nella notte fra martedì e mercoledì, a Dresda, è stata la volta di un lancio di molotov contro un edificio, momentaneamente vuoto, destinato ad ospitare da domani 150 richiedenti asilo: fortunatamente, il fuoco non ha appiccato, e i danni sono stati contenuti. «Un atto ripugnante» per il sindaco del capoluogo sassone, il liberale Dirk Hilbert: «Non è accettabile che attentati razzisti avvelenino il clima della città».