Il fuoco amico del Movimento 5 Stelle silura la riforma del Coni proposta dal ministro grillino dello Sport, Vincenzo Spadafora, e fa traballare la sua poltrona. Con una lettera formale, il direttivo del M5S chiede al ministro di rinviare la riunione di maggioranza sulla legge dello sport, in modo da avviare un confronto interno sul testo col reggente Vito Crimi e col capo delegazione al governo, Alfonso Bonafede.

La lettera del direttivo nasce su richiesta di alcuni parlamentari grillini (Manuel Tuzi, Felice Mariani, Nicola Provenza ed Emaluele Dessì). Dall’altra parte, una ventina di deputati e senatori del M5S ha diffuso un documento per esprimere «pieno sostegno» al ministro Spadafora. «Il lavoro che sta portando avanti risponde pienamente agli obiettivi del Movimento – scrivono -. Invitiamo il ministro a proseguire nel suo impegno». Secondo i detrattori, le 130 pagine che compongono il decreto attuativo al quale ha lavorato Spadafora, a furia di compromessi, limature e ripensamenti, sono arrivate a scontentare anche gli attuali assetti della governance sportiva, in testa il presidente del Comitato olimpico Giovanni Malagò, che pure ha strappato l’innalzamento del tetto fino a tre mandati. Gli altri temi caldi della riforma sono l’incompatibilità tra più cariche, i finanziamenti pubblici, il rapporto tra professionisti e dilettanti e il funzionamento degli organi di giustizia interni.

Dunque, il M5S si divide e colpisce proprio Spadafora, personaggio con qualche trascorso centrista (militava nell’Udeur di Mastella), cooptato da Luigi Di Maio quando, nella scorsa legislatura, era vicepresidente della camera e lavorava per accrescere il suo profilo istituzionale. Lo scontro arriva alla vigilia dell’assemblea dei gruppi parlamentari che dovrebbe discutere la sfiducia de facto all’attuale direttivo pentastellato, in particolare a Vito Crimi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, dicono alcuni eletti a proposito del confuso scenario parlamentare, è la gestione della partita sulle presidenze di commissione.

Ai 5 Stelle sarebbero spettate 7 commissioni alla camera e 7 al senato, delle quali due relative alle materie di bilancio ed economia, ma solo dopo qualche testacoda notturno i dirigenti attuali sono riusciti a limitare i danni e portarne a casa «solo» una in meno del previsto.

Lo scenario dice qualcosa del futuro prossimo. Tra i grillini hanno sempre meno peso le «correnti» che si erano consolidate a fatica (e una certa approssimazione) fino a qualche mese fa. Inoltre, le polemiche riguardano gli assetti interni ma a detta dei contendenti non intaccano l’attuale maggioranza: nessuno ha l’obiettivo di scaricare Giuseppe Conte.

In ballo c’è anche, e ancora una volta, il ruolo di Davide Casaleggio, che dopo l’evento Villaggio Rousseau, la settimana scorsa, ha provato a lanciare un evento legato al M5S per il 4 ottobre (il giorno di San Francesco). Dopo qualche smarrimento iniziale, è apparso chiaro che la data pareva pensata apposta per oscurare gli Stati generali dell’autunno prossimo. Ulteriore elemento di tensione tra Casaleggio Jr. e la gran parte dei parlamentari.