Fumata nera per la prima votazione del Presidente della Repubblica, il settimo dopo la caduta dei colonelli in Grecia. Il 73enne Stavros Dimas, ex commissario europeo e viceministro di Nea Dimokratia, proposto dai due partiti di maggioranza, ha raccolto appena 160 voti, mentre contro la sua elezione si sono schierati 135 deputati. In realtà nella procedura nominale esisteva solo la possibilità di votare «sì», mentre i contrari a Dimas hanno pronunciato la parola «presente», che equivaleva al «no». La Grecia ha così compiuto un passo decisivo verso le elezioni anticipate, una prospettiva che non piace affatto ai creditori internazionali e ai mercati che non vedono di buon occhio la probabile vittoria di Syriza, che secondo tutti i sondaggi sarebbe il primo partito, anche se difficilmente potrà formare un governo autonomo. Sconfitta, invece, per Antonis Samaras, anche se non mancano le voci secondo le quali per il premier greco si sarebbe trattato di una scelta per uscire dalla scena politica, lasciando la patata bollente della crisi e delle trattative con la troika (Fmi, Ue, Bce) alla sinistra radicale.

«Spero che nelle prossime due votazioni sarà eletto il nuovo Presidente. Il paese non deve entrare in un periodo avventuroso», si è limitato a dire Samaras, evidentemente insoddisfatto dopo l’annuncio del risultato. Ottimismo, invece, nella sinistra radicale. «La strategia della paura è crollata… la democrazia non può essere ricattata», ha commentato il leader di Syriza Alexis Tsipras. Gli occhi di tutti sono ora puntati al 29 dicembre, data in cui si terrà la terza e ultima votazione (la seconda avra luogo il 23 dicembre). Allora si saprà anche la sorte del governo di coalizione tra conservatori e socialisti: se il candidato presidente – che potrebbe essere anche un’altra personalità nel caso in cui Dimas si dimetta – riuscirà a raccogliere 180 voti, il premier Samaras potrebbe superare lo scoglio. In caso contrario, il parlamento si scioglierà e le elezioni si faranno tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio.

L’aula parlamentare era piena come accade solo in casi eccezionali. Presenti 295 deputati su 300, compresi i sette di Alba Dorata, tutti detenuti in attesa di giudizio. Manifestazioni e proteste, invece, fuori dal parlamento, a causa di uno sciopero indetto dall’Adedy, la Confederazione dei dipendenti pubblici, per chiedere la riassunzione dei lavoratori licenziati dal governo, l’abolizione della legge per la mobilità e la ripresa delle attività dei servizi statali che sono stati aboliti in questi anni. Il premier Antonis Samaras e il vicepresidente Evanghelos Venizelos, impegnati personalmente a convincere i parlamentari indipendenti, 24 in totale, e i dissidenti dei due partiti di minoranza, la Sinistra democratica e i Greci indipendenti, sono riusciti a fare ben poco. Soltanto sei deputati, oltre i 155 di Nea Dimokratia e del Pasok, si sono schierati a favore di Dimas.