Tre ex dirigenti della Tokyo Electric Company (Tepco) saranno rinviati a giudizio per responsabilità nell’incidente nucleare di Fukushima del marzo 2011. Sarà una corte di giustizia a decidere se – e in che modo – condannare chi non ha saputo prevenire un incidente nucleare. Tsunehisa Katsumata, ex presidente di Tepco, l’azienda che gestisce l’impianto nucleare di Fukushima danneggiato da un terremoto di magnitudo 9.0 e da uno tsunami l’11 marzo di cinque anni fa, dovrà difendersi in tribunale dalle accuse di «omicidio colposo per negligenza professionale». Con lui alla sbarra altri due ex dirigenti di Tepco, Ichiro Takekuro e Sakae Muto.

La notizia arriva a quasi cinque anni dal più grave incidente della storia recente dell’industria nucleare. Circa 160mila persone sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni in seguito alle misure di emergenza prese dal governo per ridurre l’esposizione della popolazione alle fuoriuscite di sostanze radioattive.

Ma arriva anche al termine di una battaglia legale che ha visto opposti procura, inizialmente restia a procedere contro Tepco, e cittadinanza. A fine luglio 2015, la cosiddetta kensatsu shinsa kai, o Commissione per la revisione delle indagini giudiziarie, formata da undici comuni cittadini eletti per sorteggio, aveva votato per la seconda volta a favore dell’incriminazione dei tre ex vertici Tepco, rendendo – secondo l’ordinamento giapponese – il procedimento giudiziario obbligatorio.

Pochi mesi prima, a gennaio, era arrivato infatti l’ultimo «no» della procura di Tokyo a procedere all’incriminazione dei tre ex vertici della più grande azienda elettrica del paese per insufficienza di prove. Già nel 2013 la procura aveva declinato l’invito di un gruppo di cittadini a mettere sotto inchiesta oltre trenta persone tra dirigenti Tepco e funzionari del governo.

La commissione aveva così raccolto quest’istanza facendo eco alle richieste di un’«assunzione di responsabilità» sull’incidente di Fukushima. A luglio 2015, nel riesaminare il rifiuto della procura, aveva così dato ragione alla richiesta dei petizionisti – oltre 13mila persone – che accusavano Tepco e governo di avere ignorato i rischi di disastro naturale e di non aver preso le misure necessarie a garantire la sicurezza degli abitanti della zona.

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I dirigenti Tepco chiedono scusa dopo il disastro del 2011

La commissione aveva infatti scoperto che già nel 2008 gli esperti di Tepco avevano preso in considerazione la possibilità che la centrale di Fukushima potesse essere investita da uno tsunami alto fino a 15,7 metri, ma di non aver preso le necessarie contromisure – come la messa in sicurezza dei generatori di corrente, il cui malfunzionamento ha portato poi al meltdown di tre reattori. Si arriva così al 26 febbraio di quest’anno. Secondo quanto rivelato dalla Nhk, la tv pubblica giapponese, saranno cinque i procuratori a sostenere l’impianto dell’accusa contro Tepco.

Che nelle ultime ore si trova al centro dell’ennesima bufera.

Tepco ha dichiarato che avrebbe potuto annunciare il meltdown nucleare in corso in uno dei reattori della centrale di Fukushima, prima di quanto non è stato fatto.

Secondo un regolamento interno dell’azienda, rinvenuto cinque anni dopo l’incidente durante un’indagine interna, il meltdown doveva o essere dichiarato una volta che il danno al nucleo del reattore avesse superato il 5 per cento. Tepco avrebbe invece comunicato al governo – allora presieduto dal democratico Naoto Kan – che il nucleo di uno dei reattori malfunzionanti era seriamente danneggiato tre giorni dopo il disastro, quando ormai il danno aveva oltrepassato la soglia del 50 per cento. E per i due mesi successivi aveva continuato a negare l’ipotesi di un meltdown, parlando di non meglio precisati «danni al nucleo». A stretto giro, il governatore di Niigata, provincia che ospita un importante impianto nucleare, quello di Kashiwazaki-Kariwa ha richiesto a Tepco di avviare un’indagine per arrivare alla «verità dietro il silenzio sui meltdown». «L’azienda deve offrire risposte convincenti a queste richieste», gli ha fatto eco l’ editoriale del quotidiano Asahi Shimbun. «O i suoi sforzi di riguadagnarsi la fiducia pubblica sono destinati a fallire».

Tepco non è l’unica utility a dover fornire rassicurazioni sulla gestione dei suoi impianti nucleari. Tutto il settore è sotto scrutinio da parte dell’opinione pubblica, soprattutto alla luce del piano dell’attuale governo guidato da Shinzo Abe di riattivare alcune centrali che erano state spente all’indomani di Fukushima. Dopo alcune verifiche di sicurezza e l’ok delle autorità locali e nazionali, ad agosto è tornata operativa la centrale di Sendai, nel sud dell’arcipelago.

I problemi continuano però più a nord nella provincia centro-occidentale di Fukui. È di pochi giorni fa la notizia del rinvenimento di una pozza di acqua contaminata nella centrale di Takahama, impianto già al centro di una contestazione popolare vista la sua posizione su una faglia a rischio. Ad aprile del 2015, accogliendo le richieste degli abitanti del luogo, un giudice aveva avvertito la Kansai Electric, l’azienda che gestisce l’impianto, della necessità di condurre test e verifiche di sicurezza approfonditi per evitare «un rischio Fukushima».

Niente ha però fermato la riattivazione del quarto reattore dell’impianto, proprio nelle ultime ore. Governo e lobby del nucleare sono infatti più che mai compatti nel far credere che Fukushima sia stato solo uno spiacevole episodio. Per citare lo stesso Abe: ora «tutto è sotto controllo».