Non hanno vita facile i democratici del Texas, ma di certo non mancano di intraprendenza quando si tratta di lotta politica senza davvero nessuna esclusione di colpi. Seguendo questo principio 51 dei 67 deputati dem hanno lasciato lo Stato, alcuni in macchina, altri su due voli charter, per far mancare il quorum alla Camera e impedire ai repubblicani di approvare le leggi su nuove restrizioni al diritto di voto.

LA MOSSA SPOSTA ancora un po’ più in alto l’asticella di una delle battaglie più importanti che si stanno svolgendo negli Stati Uniti, portata avanti dal Gop e volta a rendere sempre più difficile esercitare il diritto di voto, e a cui i democratici si stanno opponendo con tutti i mezzi possibili.Il risultato delle elezioni di novembre ha mostrato, ancora una volta, che là dove l’affluenza alle urne è alta si registra puntualmente una vittoria democratica, come è accaduto in Georgia, dove i repubblicani hanno visto la prima sconfitta in decenni.

Il Texas è da molti turni elettorali considerato uno Stato sempre più pericolosamente in bilico, viola, si dice in gergo, cioè né rosso (repubblicano) né blu (democratico). La progressiva de-ruralizzazione del Texas dipinge un quadro fosco per quello che una volta era una solida roccaforte Gop. Da terra di cowboy, lo Stato negli ultimi anni è progressivamente diventato sempre più urbano, con molti nuovi texani arrivati da zone liberal del Paese, che hanno creato una florida industria tecnologica e che votano democratico. L’unica speranza che il Gop locale ha di arginare questo fenomeno è quello di impedire, o quanto meno cercare di rendere molto difficile, l’accesso al voto, pratica a cui si stanno impegnando con zelo.

LA RISPOSTA DEMOCRATICA non si è fatta attendere, e questa volta i deputati hanno deciso di agire in modo eclatante per fare in modo che la loro azione abbia una risonanza nazionale, così lunedì pomeriggio alcuni hanno caricato le famiglie in macchina, la maggior parte, invece, ha preferito evitare di guidare per 20 ore ed è decollata da un terminal aeroportuale privato, per atterrare a Washington DC in prima serata.
La fuga verso la capitale federale non è stata casuale ma necessaria in quanto una nuova norma texana prevede che se i deputati disertano i lavori del Congresso senza un valido motivo facendo mancare il numero legale per il voto, possono essere arrestati e ricondotti in Parlamento ob torto collo.

La mossa dei democratici arriva all’inizio di una sessione straordinaria della Camera del Texas di una durata prevista di 26 giorni, indetta principalmente per approvare le nuove norme sulla restrizione del voto promosse dai Repubblicani.

ORA LA DEFEZIONE democratica non si sa se sarà risolutoria ma al momento impedisce questo voto e mette temporaneamente la parola fine alla sessione. Non è la prima volta che i democratici texani mettono in atto una fuga aggressiva per impedire il passaggio di una legge restrittiva portata avanti dal Gop; nel 2003 andarono nel vicino Oklahoma per stroncare il piano di riorganizzazione dei distretti elettorali sostenuto dai Repubblicani, anche quello volto a manipolare gli esiti del voto a loro favore e in sprezzo delle norme più basiche della geografia. Visti i precedenti e il livello di scontro, a gennaio la Camera del Texas, oltre alla possibilità di arrestare e ricondurre in Parlamento i deputati, ha introdotto una norma che consente la possibilità di chiudere a chiave le porte dell’aula per evitare che i colleghi escano durante una seduta.

Andando a Washington i Democratici hanno due obiettivi principali: quello di negare il quorum ai repubblicani, e un secondo fine probabilmente già raggiunto, ovvero attirare l’attenzione sulla volontà repubblicana di limitare il diritto al voto rendendo più difficile registrarsi e votare. I deputati democratici texani avevano chiesto per settimane che Washington approvasse un disegno di legge federale che andasse contro i desideri del Gop, navigando in direzione opposta e facilitando l’accesso al voto, ma ciò non è successo.

LE NUOVE NORME dei repubblicani del Texas prevedono un divieto di organizzare seggi «drive-thru», ossia dove si può votare restando in auto; il divieto di avere seggi aperti 24 ore; il divieto di distribuire formulari per l’iscrizione al voto per corrispondenza; il divieto di distribuire acqua a chi è non fila per ore per accedere ai seggi.

Inoltre il Segretario di Stato del Texas dovrebbe essere incaricato d’incrociare mensilmente le liste delle persone registrate per il voto e i dati del Dipartimento della sicurezza pubblica per individuare eventuali elettori non statunitensi.

«Siamo di fronte a una soppressione del diritto di voto, è inutile girarci attorno. Un salto indietro di 70 anni» ha dichiarato Mary González di El Paso, fra i deputati volati a Washington DC. L’arrivo dei dem texani a Washington ora rappresenta un problema anche per i compagni di partito; fino ad ora i Democratici del Congresso sono stati riluttanti nel cambiare le regole dell’ostruzionismo del Senato in modo da superare l’opposizione del Gop in quella camera, e consentire il passaggio della legge sul diritto al voto con una maggioranza semplice. Ora, però, con i colleghi texani di fatto accampati nel prato davanti Capitol Hill non è più possibile evitare il problema: cambiare la legge sull’accesso al voto cancellando quella sulle modalità di ostruzionismo con una spallata che, se la Casa Bianca dovesse tornare democratica, potrebbe rivoltarsi contro di loro, oppure rassegnarsi a vedere il Gop limitare il diritto al voto?

PER ORA I DEM del Congresso sembravano voler abbracciare la seconda ipotesi, ma l’arrivo dei colleghi del Texas ha rimischiato le carte. In Texas, il mese scorso i Democratici hanno già vinto un primo round, quando i Repubblicani avevano cercato di far approvare una legge elettorale rivista all’ultima ora. In quell’occasione i democratici erano usciti dall’aula, la sessione si era dovuta concludere e il disegno di legge è morto. Proprio per evitare di rivedere la stessa scena il governatore ultra repubblicano Greg Abbott la scorsa settimana li ha richiamati per una sessione speciale, e questa dura un mese, mese che i dem del Texas si dicono pronti a passare a Washington DC.