Su tablet, cellulari e laptop i tour operator egiziani da giorni leggono solo cattive notizie. Non solo quelle drammatiche delle centinaia di civili morti nell’azione repressiva delle forze di polizia contro le manifestazioni dei Fratelli Musulmani. Ma anche l’allerta che molti Paesi lanciano ai propri cittadini intenzionati a visitare l’Egitto. Le agenzie di stampa riferiscono di massicce cancellazioni di prenotazioni talvolta fissate di mesi. Ieri molti voli dall’Italia e altri Stati europei diretti al Cairo e alle località turistiche lungo il Mar Rosso, sono partiti quasi vuoti. E non pochi stranieri, quelli che vivono abitualmente in Egitto o coloro che vi si trovano in vacanza, considerano la possibilità lasciare al più presto il Paese. Pesano come macigni anche le istruzioni diffuse nelle ultime ore dalle ambasciate occidentali che consigliano ai propri cittadini, che si trovano nelle città coinvolte dagli scontri, di non uscire dalle abitazioni e a chi si trova in vacanza di non lasciare le strutture alberghiere. Per il turismo egiziano, uno dei motori  dell’economia nazionale, è un colpo devastante dal quale rischia di riprendersi solo tra qualche anno.

Un danno enorme che diventa beffa se si considera la calma sostanziale che regna in gran parte delle aree con i principali siti archeologici e i resort turistici. Se è vero che il Cairo e Alessandria sono coinvolte dalla violenza, è altrettanto vero che la vita nelle località legate all’Antico Egitto scorre senza alcun problema. Lo stesso vale per i centri turistici lungo il Mar Rosso. Luxor quasi vuota fotografa bene un paese disertato dai visitatori che fino a tre anni fa, al ritmo di quasi 10 milioni l’anno, davano lavoro a tanti egiziani e garantivano alle casse dello Stato 12 miliardi di dollari (circa 12% del Pil). La biglietteria del tempio di Karark nel 2010 staccava oltre 15 mila ingressi al giorno, ora poche centinaia. Gran parte della barche di Luxor sono ferme, così come sono vuote le oltre 40 mila camere di hotel mentre dagli aerei che arrivano dal Cairo sbarcano ormai pochissimi turisti.

La crisi ha colpito duramente anche la costa meridionale del Sinai, angolo di paradiso sul Mar Rosso che deve fare i conti con un altro problema, oltre ai timori causati dallo spargimento di sangue al Cairo. Il nord del Sinai da settimane è il terreno sul quale si svolge un duto confronto armato tra Esercito e gruppi jihadisti che ha già fatto decine di morti. Come se questo non bastasse, pochi giorni fa un drone israeliano ha colpito e ucciso nel Sinai quattro-cinque miliziani che – secondo Tel Aviv – si accingevano a lanciare razzi verso Eilat. Notizie che, amplificate e non spiegate bene dai media internazionali, hanno fatto sprofondare nella crisi anche localià come Taba, Nuweiba, Dahab e Sharm el Sheikh dove di fatto non accade nulla di diverso dal solito.

«Calcoliamo in un 70% il calo delle presenze turistiche qui nel Sinai e nel resto dell’Egitto. E’ un danno molto grave quello che subisce il Paese perchè il turismo e l’indotto danno lavoro a migliaia di famiglie», spiega al manifesto Amr al Nahas, responsabile di “FishandFriends” di Dahab, un centro frequentato dagli stranieri amanti dell’immersione subacquea, attività molto diffusa sulle coste bagnate dal Mar Rosso. Persino più grave è il quadro della situazione che fa l’italiana Marna Silvana, sposata a un egiziano e proprietaria di un B&B, che punta l’indice contro la stampa internazionale. «I giornalisti continuano a parlare di Sinai senza chiarire che il nord e il sud della Penisola vivono situazioni completamente diverse – ci dice – i problemi sono solo al nord mentre qui è tutto tranquillo. I turisti vanno in spiaggia, a cavallo, fanno tour in moto e gite in barca. E’ tutto normale ma la stampa non ci aiuta, anzi ci danneggia dimenticando che i tanti egiziani che vivono di turismo».

Per attirare turisti nel Sinai e nel resto dell’Egitto, i resort abbassano le tariffe a livelli minimi. Persino i grandi hotel a 5 stelle fanno offerte particolarmente allettanti, impensabili solo un anno fa, alla portata anche di turisti con budget ridotti. Ma i visitatori stranieri ora scappano lasciandosi alle spalle un Egitto che rischia anche la catastrofe economica.