Ieri pomeriggio si sarebbe dovuta tenere l’assemblea provinciale del Pd di Napoli. Alcuni segretari di circolo hanno inviato formale richiesta di rinvio: meglio evitare una discussione che poteva trasformarsi in una resa dei conti. Alle 17, orario di inizio, la sala riservata in un hotel nei pressi della Stazione centrale era semideserta.

Dopo un’ora c’erano 58 delegati su 468, seduta sciolta. Dal pubblico parte la contestazione: «Vi dovete vergognare» e, all’indirizzo del segretario provinciale Venanzio Carpentieri, «sei un segretario dimezzato». All’ordine del giorno c’era l’analisi del risultato elettorale di domenica (solo l’11,6% incassato dai dem) e il ballottaggio del 19 giugno.

Valeria Valente, la candidata sostenuta dalla segreteria romana, non è arrivata al secondo turno. Il vicesegretario Lorenzo Guerini ha già dichiarato che il partito lascerà libertà di scelta. Si doveva discutere anche di questo ma i temi sul tavolo sono altri: l’inchiesta sul voto di scambio che ha coinvolto due candidate Pd, Anna Ulleto e Rosaria Giugliano, che si somma all’indagine sulle primarie; il commissariamento di Napoli subito dopo i ballottaggi, annunciato da Renzi lunedì scorso.

«In questa campagna elettorale di fuoco amico sul Pd ce n’è stato tanto. Se qualcuno pensa che l’unico responsabile sia Carpentieri è intellettualmente disonesto. Un commissario, un uomo o una donna da solo al comando, non risolve il problema – ha commentato il segretario provinciale al suo arrivo ieri -. Renzi ha annunciato iniziative importanti dopo il ballottaggio e quello sarà l’avvio di una discussione approfondita». In città il commissariamento c’è già stato nel 2009 (Veltroni mandò Enrico Morando) e poi nel 2011, dopo le primarie annullate, con Andrea Orlando su indicazione di Bersani.

Renzi lunedì ha chiamato in causa solo la struttura cittadina: Carpentieri (vicino a Guerini), si è detto disponibile a lavorare su una soluzione modello Fabrizio Barca a Roma. Potrebbe così tenere la provincia e lasciare la città a un commissario. Voci sembrerebbero indicare la casertana e renzianissima Pina Picierno, confermando l’asse tra gli ex Margherita di Roma e Napoli.

La segretaria regionale, Assunta Tartaglione (anche lei di area cattolica, referente nazionale Luca Lotti), per adesso controlla la situazione: ha portato a casa un buon risultato in provincia e negli altri capoluoghi; oggi è a Marcianise con Renzi in versione premier per i 50 anni dello stabilimento Coca Cola; lei e il consigliere regionale Mario Casillo hanno sponsorizzato Salvatore Madonna, il dem più votato domenica in consiglio comunale: 3.614 preferenze.

Chi è fuori dalla maggioranza preme per azzerare provinciale e regionale. Antonio Bassolino è stato chiaro: commissariare entrambi i livelli, azzerare il tesseramento «militarizzato e lottizzato». Chiede un congresso straordinario che scardini «il meccanismo delle correnti», in cui gli ex Pci sono stati messi ai margini. L’eurodeputato Massimo Paolucci, i deputati Giorgio Piccolo e Michela Rostan e il consigliere regionale Antonio Marciano (fedelissimi di Bassolino) commentano: «Per la prima volta si è chiesto il numero legale per evitare il dibattito nell’assemblea metropolitana. Irresponsabili senza fine. I registi del disastro in fuga dal confronto negli organismi dirigenti. Serve la rifondazione del partito a Napoli e in Campania. Siamo al capolinea».

Ancora da sinistra Marco Sarracino, di Area Riformista, dà la sua lettura: «Il Pd è stato cancellato dalla città, quello che è successo in assemblea spiega cosa siamo stati negli ultimi cinque anni: nulla. Gli elettori sono già passati con il lanciafiamme prima di Renzi. Non serve un commissario che faccia la sintesi tra renziani e antirenziani, ci vuole un congresso straordinario da cui far emergere una classe dirigente capace».