Al termine di una lunga udienza preliminare, il giudice monocratico Dr.ssa Enrichetta Cioffi del tribunale di Sala Consilina (Sa) – nel cui cortile fa bella mostra un busto ad Alfredo De Marsico, famoso avvocato e ministro fascista nato nella cittadina – ha assolto il maresciallo dei carabinieri Giovanni Cunsolo, accusato di aver causato la morte di un ragazzo di 22 anni, Massimo Casalnuovo di Buonabitacolo. La sera del 20 agosto 2011, dopo aver lavorato nell’officina meccanica del padre Osvaldo, Massimo dice alla madre: «Esco per un giro, ma torno subito». Farà ritorno solo in una bara.

In moto senza casco, trova un posto di blocco dei carabinieri del suo stesso paese. Lo fermano, ma Massimo prosegue.

Secondo l’accusa il maresciallo Cunsolo lo rincorre e, per fermarlo, sferra un calcio al motociclo causando la caduta e la morte del giovane e pacifico operaio, che certamente conosce e chissà quante volte ha visto, dal momento che Buonabitacolo è un piccolo centro. Pare che per i suoi modi bruschi il maresciallo sia ben noto in paese. Sul motociclo c’è l’impronta di una pedata. Due ragazzi testimoniano la natura violenta del fermo.

Si costituisce un comitato popolare e un’assemblea chiede l’allontanamento del maresciallo, trasferito a Polla. Dopo una lunga indagine la procura di Sala – in base agli art. 61 e 584 cp – lo rinvia a giudizio per omicidio preterintenzionale con l’aggravante dell’abuso di potere in violazione dei doveri inerenti una pubblica funzione.

La discussione viene fissata alle 9,30. I ragazzi del Comitato sono davanti al tribunale, indossano la maglietta rossa «Mi chiamo Massimo e chiedo Giustizia» e al muro del tribunale appendono uno striscione dove, a caratteri cubitali, invocano: «Giustizia per Massimo». Arriva un reparto della celere in tenuta antisommossa, ma dopo qualche ora, constatato che si tratta di pacifici ragazzini, vanno via. Nel corridoio del tribunale, oltre ai familiari, agli amici e ai curiosi, si notano carabinieri in divisa e numerosi militari in abiti civili. L’udienza militarizzata comincia alle ore 12.40. L’aula n. 1 è fatta sfollare perché la difesa ha chiesto l’udienza a porte chiuse, che – in base a regolamento – il presidente del tribunale concede. Poco prima che l’udienza cominci il maresciallo Cunsolo abbandona il tribunale per ritornarvi nel tardi pomeriggio.

Il PM Michele Sessa, in una lunga e serrata arringa, ricostruisce attentamente e minuziosamente i fatti e chiede una condanna di 9 anni e 4 mesi di reclusione per omicidio. Anche l’avv. Cristiano Sandri, del foro di Roma, fratello del tifoso ammazzato sull’autostrada in un tiro al bersaglio da parte di un poliziotto, in difesa della famiglia Casalnuovo, pronuncia una lunga arringa.

Dopo una breve sospensione il processo riprende con l’arringa dell’avv. Reginaldo La Greca, che cerca di smontare l’accusa nei confronti del maresciallo Cunsolo e chiede il rito abbreviato, concesso dal tribunale. Parla per quasi tre ore. Alle 18.30 il giudice monocratico si ritira in Camera di consiglio. Uscirà poco dopo le 22 e, ancora a porte chiuse, in nome del popolo italiano, che però non ha potuto assistere all’udienza, in base all’art. 530 assolve il maresciallo Cunsolo perché «il fatto non sussiste». I familiari in attesa delle motivazioni, pensano già al ricorso.