«Ma la riforma della pubblica amministrazione, preannunciata per maggio, si limita al taglio della retribuzione dei dirigenti?». Dopo un week-end di polemiche sullo stop a Renzi sul taglio della propria retribuzione (873 milioni di euro all’anno, «altrimenti me ne vado all’estero») da parte dell’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, il responsabile Settori pubblici della Cgil Michele Gentile prova a riportare sulla terra una discussione lunare che ha appassionato molti.

Diego Della Valle, ad esempio, azionista di Nuovo trasporto viaggiatori, il concorrente di Trenitalia per l’alta velocità, che ha i conti in disordine e ha chiuso il 2013 con un bilancio in rosso di 76 milioni di euro. L’azienda ha siglato con i sindacati un accordo di solidarietà per i circa mille dipendenti per evitare 80 licenziamenti. «Moretti vada a casa» ha detto il padrone delle Tod’s secondo il quale «i politici sarebbero appiattiti su di lui, permettendogli di fare quello che vuole». Moretti, che oggi all’Assolombarda di Milano presenterà il piano industriale che porterà l’azienda in Borsa, ha incassato la solidarietà di turno da parte di Casini e dall’ex numero uno della Cgil, un mondo che Moretti conosce bene, visto che dal 1986 al 1991 è stato segretario nazionale della Cgil Trasporti.

La questione è tuttavia scottante e su di essa il premier Renzi intende andare avanti. A suo avviso, sarebbe in gioco la «giustizia sociale», dato che la proporzione tra la retribuzione del super-manager è superiore in maniera esponenziale a quella di un singolo lavoratore della sua azienda. Insomma, non ci sarebbe «mercato» per una sproporzione simile tra i redditi. A suo avviso Moretti, o chi per lui, dovrebbe percepire poco più di 239 mila euro all’anno. Un modo come un altro per accompagnare l’ad all’uscita. Si presume che una simile riduzione non verrebbe mai accettata dall’interessato.

Il governo si sente forte e lo dimostra volentieri. Dopo le prese di distanza del ministro delle infrastrutture Lupi («Se ha offerte migliori, può accettarle»), Moretti ha detto che potrebbe «lavorare anche gratis», ma ha chiesto di riconoscere il lavoro almeno dei suoi dirigenti, che a quanto sembra gratis non lavorerebbero. «Tante volte sbagliamo noi politici – ha ribattuto Lupi diciamo una stupidata, basta ammetterlo e finisce lì». Per il ministro del lavoro Poletti il problema resta e riguarda principalmente i «bonus» ai manager «che hanno prodotto gravi effetti sulle imprese».

La singolare tenzone tra i politici, il top manager e i suoi concorrenti diretti sarebbe finita in un ballon d’essai, ma ha lasciato sul terreno tre questioni.La prima è la quotazione in borsa, che dovrà essere decisa dal governo; la privatizzazione. Poi c’è un aspetto che interessa tutti i dipendenti della Pa, e non solo i manager. Sul tavolo del governo c’è infatti una proposta di legge che prevede un taglio del 6% per gli stipendi dei funzionari pubblici superiori ai 60 mila lordi annui, del 7% per quelli superiori a 70 mila euro lordi, dell’8% oltre gli 80 mila lordi. Renzi intenderebbe ottenere risparmi da 2,5 miliardi all’anno dagli stipendi del 16,4% dei dipendenti pubblici.

Il dibattito scatenato dalle affermazioni di Moretti dev’essere contestualizzato in questo piano di tagli che si aggiunge a quello degli 85 mila esuberi tra il 2014 e il 2016, del blocco del turn-over, degli stipendi e delle indennità di vacanza contrattuale. Da qui verrebbero altri 3 miliardi di tagli e 90 mila assunzioni in meno nella Pa. Questo è il piano rimosso nel dibattito sui super-stipendi, insieme al blocco della contrattazione nazionale. «Sembra tanto un ritorno all’antico – dice Gentile della Cgil – quando si cercano risorse la Pa diventa la cassaforte dove prenderle».

Ferrovie dello Stato offrono un motivo di interesse in più per un governo che intende procedere in fretta alle privatizzazioni, per rispettare i «vincoli di bilancio». L’azienda potrebbe rientrare nelle privatizzazioni con le quali il ministro dell’Economia Padoan intende cancellare una frazione del debito pubblico. Il suo predecessore Saccomanni si era limitato ad annunciare la privatizzazione delle Grandi Stazioni.