Nessun obbligo per gli Stati di accogliere i richiedenti asilo, agenti di Frontex armati alle frontiere esterne dell’Unione dove verranno effettuati anche screening della domande di protezione internazionale. E poi stretta sui rimpatri, che saranno a carico del bilancio europeo, e pressione sui Paesi di origine perché stipulino accordi per riprendere i migranti. Sono solo alcuni dei punti del nuovo piano dell’Unione europea su migranti e asilo che la commissione guidata da Ursula von der Leyen ha ormai finito di mettere a punto e che dovrebbe essere presentato a giorni, subito dopo Pasqua. A ben vedere, però, di nuovo c’è ben poco se non il fatto che, accantonato ancora una volta il principio di solidarietà che pure dovrebbe rappresentare uno dei suoi pilastri, l’Unione sembra essere andata incontro alle richieste di chi, come il blocco di Visegrad ma non solo, da tempo chiede maggior rigore verso quanti, migranti o profughi che siano, cercano di arrivare nel Vecchio continente. E se le indiscrezioni verranno confermate, quella che si profila è un’Europa che per sopravvivere sceglie di farsi sempre più fortezza.

Per mesi il vicepresidente della commissione Ue Margaritis Schinas e la commissaria agli Affari interni Ylva Johansson hanno consultato tutte e 27 le capitali facendo e ascoltando proposte pur di arrivare a una bozza che trovasse l’accordo di tutti. «Questa volta l’Europa non può fallire», ha spiegato più volte Schinas ricordando l’insuccesso del piano di ricollocamenti avviato da Bruxelles nel 2015. Il risultato di tanto lavoro è un piano che sembra ispirarsi alla «solidarietà flessibile» più volte invocata da alcuni Paesi e dove ogni Stato è libero di scegliere come e se intervenire per sostenere il peso dei nuovi arrivi.

Sì perché a quanto si capisce non solo resterebbe in vigore il principio di Paese di primo approdo, in base al quale la presa in carico del richiedente asilo è dello Stato nel quale arriva, ma non sarebbe previsto nessun meccanismo di redistribuzione obbligatorio e automatico dei profughi tra gli Stati membri. Di fatto i Paesi che non vorranno accogliere richiedenti asilo potranno scegliere se finanziare i ricollocamenti oppure inviare personale (sanitari, funzionari esperti nell’esame delle richieste di asilo, volontari) ai Paesi che più sono sotto pressione a causa degli sbarchi.

Sono previsti inoltre screening delle domande di asilo alle frontiere esterne dell’Unione. In pratica chi vorrà presentare una richiesta di protezione internazionale dovrà farlo prima ancora di mettere piede in Europa. Una procedura che preoccupa non poco le organizzazioni di diritti umani, visto che mette a rischio la possibilità di una valutazione individuale della domanda.

Novità anche per quanto riguarda Frontex, l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere. Il progetto prevede di reclutare diecimila nuovi agenti entro il 2027 ma già 700 potrebbero essere operativi fin dalla prossima estate nel controllo dei confini esterni dell’Unione. Nei mesi scorsi proprio Schinas aveva parlato della possibilità che il nuovo corpo europeo per la prima volta possa essere armato e contare su navi ed elicotteri per sorvegliare le rotte del Mediterraneo.

Il nuovo piano europeo prevede infine anche misure per l’integrazione, nonché l’apertura di canali legali di ingresso che però dovrebbero riguardare solo migranti altamente qualificati.