La tensione resta altissima, ma, per ora, è tregua. La Linke ha chiuso domenica il suo congresso a Lipsia con un compromesso sul tema che sta lacerando il partito: le frontiere aperte ai migranti. Una commissione formata da componenti di entrambi gli schieramenti interni dovrà approfondire la questione e cercare una sintesi che possa rappresentare tutti: sia i seguaci dei co-segretari Katja Kipping e Bernd Riexinger, fautori della linea anti-confini, sia quelli della capogruppo parlamentare Sahra Wagenknecht, sostenitrice della limitazione per «i migranti economici». Proprio l’intervento di quest’ultima, domenica mattina, aveva surriscaldato la platea al punto da indurre la presidenza a stravolgere l’ordine del giorno e dedicare una sessione straordinaria al confronto sul suo discorso.

Delegati contro altri delegati, toni molto accesi, esplicite accuse a Wagenknecht di sabotare l’azione del partito respinte indignate al mittente. In mezzo, un’area di dialoganti che invitavano – senza molta fortuna – a condurre la discussione senza demonizzazioni reciproche. Poi, quando la situazione sembrava sul punto di degenerare, la decisione di tutto il gruppo dirigente: si continuerà a discutere ordinatamente in altra sede.

Il congresso è finito dunque senza veri vincitori né vinti. Il clima nel partito è di quelli che possono preludere a una scissione, che, tuttavia, per ora non si è consumata. Sul dibattito fra le due anime intorno ai migranti incombe, in realtà, anche la proposta di Wagenknecht di creare «un’alleanza di sinistra» che rimane piuttosto nebulosa.

L’intervento di fronte ai delegati non è servito a capirne qualcosa di più: fra i sostenitori di Riexinger e Kipping circola il sospetto che la capogruppo stia tramando per la creazione di una «lista Wagenknecht».