La Commissione europea «continua a incoraggiare l’occupazione marocchina del Sahara Occidentale, mettendo in discussione la credibilità dell’Ue in materia di diritti».

QUESTA LA DICHIARAZIONE ufficiale del rappresentante del Fronte Polisario per l’Europa, Mohamed Sidati, dopo la firma, il 24 luglio, del nuovo accordo di pesca tra Ue e Marocco. Sidati ha richiesto agli stati membri dell’Unione e ai parlamentari europei di non sottoscrivere un progetto considerato «indegno» in quanto prevede lo sfruttamento delle risorse ittiche, anche nelle acque adiacenti al Sahara Occidentale, senza aver fatto nessun accordo con «l’unico legittimo rappresentante di quel territorio: il Fronte Polisario». «Il Marocco»- ha affermato Sidati – «ruba le risorse del nostro popolo che, intanto, vive in esilio nel deserto in condizioni di povertà e stenti, privato della sua terra e del suo mare e la Commissione Ue si rende complice di queste usurpazioni».

DA PARTE SUA IL MAROCCO si dichiara soddisfatto del rinnovo dell’accordo sulla pesca anche perché, secondo il ministro degli esteri di Rabat, Nasser Bourita, «questa è una tappa fondamentale per il Marocco in qualità di unico e legittimo interlocutore visto che nessuna intesa internazionale può essere conclusa senza includere la sovranità del regno sulle sue province meridionali del Sahara Occidentale». Compiacimento soprattutto per quanto riguarda gli aspetti economici: dal rialzo del numero di marinai marocchini a bordo delle navi europee, all’obbligatorietà di attraccaggio nei suoi porti per lo stoccaggio e la lavorazione del pesce fino al cospicuo contributo finanziario europeo che passa da 40 a 52 milioni di euro l’anno.

IL 18 LUGLIO, IN UNA LETTERA inviata a Pierre Moscovici, commissario europeo agli affari Finanziari ed Economici, gli eurodeputati Barbara Lochbihler, Helga Trüpel et Bodil Valero hanno denunciato «una grave violazione della legislazione della Ue, della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (Cjeu) e del diritto internazionale poiché l’accordo non rispetta il diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi», come stabilito dall’Onu. La scorsa settimana, per la terza volta in meno di un anno, la Cjeu ha confermato che la decisione dell’Ue, di includere il Sahara occidentale nei suoi accordi di associazione commerciale con il Marocco, è illegale.

Per la sentenza l’accordo «trasgredisce diverse regole del diritto internazionale riguardo al principio di autodeterminazione del popolo saharawi, incluso il diritto alla sovranità permanente sulle sue risorse naturali».

UNA DECISIONE che aveva particolarmente infastidito Rabat anche perché, secondo le stime della Western Sahara Campaign (associazione britannica vicina alle posizioni del Polisario), «le navi europee hanno pescato prevalentemente nelle acque del Sahara per oltre il 90% dei casi, mentre meno del 10% è avvenuto in acque autenticamente marocchine». Sempre in materia di diritti negati, l’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i diritti dell’uomo (Hcdc) ha richiesto ieri al Marocco «chiarificazioni in merito al trattamento di numerosi prigionieri saharawi, in relazione alle proteste ed allo sciopero della fame portato avanti da Claude Mangin Asfari, cittadina francese, alla quale è stato negato, ripetutamente, di poter vedere il marito Naama Asfari». L’Hcdc e il Comitato delle Nazioni unite per la tortura (Cat) fanno riferimento al recente rapporto di Amnestyrelativo a 23 attivisti saharawi, detenuti dopo le proteste di Gdeim Izik (2010), torturati e condannati all’ergastolo senza una precisa accusa.

«RABAT HA VIOLATO» – ha affermato Ana Racu, esperta in diritti umani per l’Hcdc – «almeno 6 norme imposte dalla Convenzione contro le torture ed ha commesso numerose violenze fisiche e psicologiche nei confronti di quei detenuti».