Florian Philippot, numero due del Fronte nazionale e incarnazione della svolta “sociale” nella campagna presidenziale di Marine Le Pen, lascia il partito di estrema destra. Dopo una decina di giorni di forti tensioni, Philippot abbandona: “il Fronte nazionale sta cambiando completamente linea, fa un ritorno all’indietro assolutamente terrificante”, ha spiegato in tv. Per Marine Le Pen, il Fronte nazionale ha già vissuto crisi analoghe e “non morirà”. Per la leader, “tutti quelli che hanno scelto una strada analoga, un’avventura solitaria, sono scomparsi” (l’allusione è alla scissione del ’98, con l’uscita di Bruno Mégret, che non aveva impedito a Jean-Marie Le Pen di essere al ballottaggio alle presidenziali del 2002). “Non ne sentirà più parlare nessuno”, ha liquidato il caso il fondatore del Fronte nazionale, Jean-Marie Le Pen. La vigilia delle dimissioni, Marine Le Pen aveva tolto a Philippot la delega alla strategia e alla comunicazione del partito, dopo che il numero due aveva rifiutato di abbandonare l’associazione “I Patrioti” che aveva fondato l’indomani della sconfitta alle presidenziali. L’associazione era giudicata una spina nel fianco del Fronte nazionale, un’organizzazione potenzialmente concorrente.

Con Philippot ieri sono usciti alcuni esponenti del partito, che avevano seguito la linea social-sovranista. Per Philippot, il Fronte nazionale torna cosi’ ad essere “un sindacato anti-immigrazione”, abbandonando la strada della “de-demonizzazione”. Con l’uscita di Philippot il Fronte nazionale chiude la parentesi “sociale”, che aveva attirato un nuovo elettorato popolare, in particolare nel nord deindustrializzato. Torna cosi’ a tenere le redini l’ala tradizionale, identitaria, liberista in economia. Mégret, con perfidia, pensa che le dimissioni forzate di Philippot siano “una manovra di Marine Le Pen”, che lo avrebbe usato come “capro espiatorio”, per far tacere le critiche interne dopo il tracollo di fronte a Macron al cruciale dibattito televisivo prima del ballottaggio, lo scorso maggio, che ha segnato la sconfitta della leader di estrema destra.

Le posizioni di Philippot sono state messe sotto accusa dopo la sconfitta di Marine Le Pen: una parte dell’elettorato tradizionale non aveva seguito la svolta anti-euro, i piccoli (o grandi) risparmiatori del sud-est non hanno mai apprezzato i discorsi a sfondo sociale. Ieri, Jean-Luc Mélenchon, dopo aver liquidato la crisi del Fronte nazionale come “affare loro”, ha subito invitato i “fachés mais pas fachos” (arrabbiati ma non fascisti) a raggiungere la France Insoumise.

La crisi del Fronte nazionale è un nuovo tassello della ricomposizione politica in corso dopo l’elezione di Macron. A destra, i Républicains sono a pezzi, i “costruttori” appoggiano Macron, mentre nell’ala più a destra veleggia l’idea di un avvicinamento con Bleu Marine, il gruppo che nell’entourage della leader faceva concorrenza alle posizioni di Philippot, l’uomo che in gioventù era stato vicino a Jean-Pierre Chevènement (sinistra sovranista).