Enrico Letta partecipa oggi al suo primo Consiglio europeo e come ogni nuovo arrivato spera di poter lasciare il segno con una proposta interessante (come aveva fatto Hollande un anno fa, con il Patto per la crescita, che poi si è sgonfiato). Letta vorrebbe mettere al centro della discussione la lotta alla disoccupazione giovanile. Ma ci sarà molto poco tempo per discutere di questo tema, rinviato al vertice di fine giugno – sperando per fine maggio in un’iniziativa franco-tedesca – al pari della questione dell’uscita dalla procedura di deficit eccessivo per l’Italia. Gli argomenti del Consiglio di oggi sono due: la lotta contro la frode fiscale e l’energia. L’Unione europea perde ogni anno intorno ai mille miliardi di entrate fiscali a causa della frode e dell’evasione. Dal 2005 è in vigore una direttiva sul risparmio, che permette controlli sui movimenti bancari. La commissione vuole estenderla ai fondi pensione, ai nuovi strumenti finanziari, ai pagamenti effettuati attraverso i trust e le fondazioni. Il Consiglio è chiamato ad approvare questa proposta. I danni prodotti dall’evasione fiscale sono venuti alla luce tragicamente con il caso della Grecia, economia travolta dalla crisi anche a causa della frode. Ma molti ostacoli permangono. In materia fiscale vige l’unanimità e le cooperazioni rafforzate sono praticamente impossibili in questo campo. Cosi’, non potrà mai esserci accordo senza il si’ dei due paesi che maggiormente frenano su questo fronte, il Lussemburgo e l’Austria. Il Granducato chiede, prima di rinunciare al segreto bancario, che vengano raggiunti accordi di trasparenza con i cinque “paradisi” europei extra Ue (Montecarlo, Andorra, Liechtenstein, San Marino e, soprattutto, Svizzera). In Austria, dove governa una grande coalizione, si è aperto un dibattito interno, perché per mettere fine al segreto bancario bisogna modificare la Costituzione. Altri paesi frenano, prima di tutti la Gran Bretagna, che preferisce accordi intergovernativi, per evitare una legislazione europea (e, di conseguenza, la Corte di giustizia). In Europa esistono circa 250 convenzioni fiscali bilaterali, una vera giungla, che permette ai più informati una comoda “ottimizzazione fiscale”. Anche la Germania finora ha privilegiato gli accordi bilaterali (anche con la Svizzera). Il rischio è che oggi non venga presa nessuna decisione di fondo, ma che venga approvato solo un vago orientamento politico, senza impegni precisi. Una lista nera della Ue sui paradisi fiscali potrebbe venire stilata, riprendendo quella dell’Ocse.

L’energia è l’altro grande tema del giorno. L’Europa dell’energia è un fallimento. Un appello dei grandi industriali del settore, diffuso ieri, lancia l’allarme: “l’Europa sta distruggendo una parte della sua industria energetica – afferma Gérard Mestrallet di Gdf-Suez – è urgente definire una politica, delinearne le ambizioni e i mezzi”, perché l’Europa rischia di diventare il solo continente a dipendere dalle importazioni. I costi elevati dell’energia riducono la competitività e nella Ue ognuno fa per sé, con il risultato di forti disparità: l’Italia è il paese dove i costi dell’energia sono i più alti, più del doppio della Francia, tre volte la Svezia, una volta e mezza rispetto alla Germania. Nella Ue l’obiettivo del 20% di energie rinnovabili per il 2020 non sarà raggiunto (in Spagna, sulle energie rinnovabili c’è stato un crollo del 96%). Addirittura, con la crisi si riscontra un ritorno alle energie fossili, più inquinanti. I costi dell’energia sono destinati a crescere, anche a causa della mancanza di investimenti nel settore. Eppure, una politica comune dell’energia potrebbe rappresentare una leva, anche per l’occupazione e il rilancio.