Con una rara mossa bipartisan il Senato degli Stati uniti ha votato ieri un disegno di legge per impedire al presidente Trump di intraprendere ulteriori azioni militari contro l’Iran senza aver prima ottenuto l’autorizzazione del Congresso.

A gennaio, dopo l’uccisione a Baghdad – con un drone Usa – del generale iraniano Qassem Suleimani, il disegno di legge era già stato approvato dalla Camera a maggioranza democratica. Ora al Senato si sono registrati 55 voti a favore e 45 contrari: otto repubblicani si sono uniti ai rappresentanti dello schieramento opposto per far passare la mozione.

Durante il voto alla Camera, passato con un risultato di 224 favorevoli contro 194 contrari, solo tre repubblicani si erano uniti ai democratici per sostenere la misura.

Il disegno di legge rende le cose più difficili, ma non impossibili per il presidente: non può impedire a Trump di usare il veto presidenziale per bloccare il provvedimento. Mossa che è già nei programmi di The Donald. Ora il disegno di legge dovrà passare nuovamente per l’approvazione della Camera, in quanto nei vari passaggi sono state apportate delle modifiche.

È proprio allora che ci si aspetta che Donald Trump blocchi la legge, come ha promesso di fare. Per sorpassare il veto presidenziale servirebbe una maggioranza di due terzi, sia alla Camera che al Senato, uno scenario che non sembra probabile.

Su Twitter Trump ha definito la misura «un segno dei debolezza». I democratici dietro la risoluzione, invece, affermano di essere convinti che in ogni caso la misura, benché bloccata, potrebbe influenzare le future decisioni dell’amministrazione sul Medio Oriente: «Abbiamo parlato con gli elettori, li abbiamo ascoltati e sappiamo cosa pensano di un’altra guerra in Medio Oriente in questo momento, non sono favorevoli – ha detto il senatore democratico Tim Kaine – Queste cose Trump le sa ed è impegnato in una campagna elettorale che vuole vincere».

La metà dei repubblicani del Senato che hanno rotto i ranghi e si sono uniti ai democratici nel voto di ieri, sono anche loro, come Trump, impegnati in campagne per la rielezione. Mike Lee, uno dei senatori repubblicani che ha criticato apertamente l’amministrazione Trump per i suoi messaggi contrastanti e limitati riguardo la politica estera, in particolare quella mediorientale, ha insistito nel ripetere che votare per riaffermare i poteri di guerra del Congresso «non dovrebbe essere una decisione controversa» e che rivendicare tale fondamento del ramo esecutivo «non mostra debolezza, mostra forza».