Marcelo Freixo, professore di Storia e ex-direttore del sindacato dei professori di Rio de Janeiro (Sinpro), integrò il Pt nel 1986 diventando il paladino della difesa dei diritti umani. Nel 2005 abbandona il partito di Lula ed è eletto deputato nel parlamento dello stato di Rio de Janeiro dove denunciò l’uso della tortura da parte della polizia (Militar e Civil), oltre a denunciare i legami tra narcotraffico e poliziotti corrotti e la formazione di gruppi speciali.

Stiamo ancora nella normalità o siamo entrati in uno stato di eccezione?

È inaccettabile quello che ha fatto la Polizia Militare (Pm). In realtà questa violenza fa parte del curriculum con cui sono state «pacificate» le favelas e con cui, quotidianamente si mettono a tacere i poveri nelle periferie dei grandi centri urbani. In pratica la Pm ha il compito di combattere il «nemico interno» con una pratica repressiva costante che va dagli arresti agli interrogatori arbitrari, dall’uso della tortura, ai caroselli armati nelle favelas. È anche contro questa “repressione silenziosa” che oggi i giovani si sono ribellati.

La Tv Globo e i grandi giornali presentano le manifestazioni come una risposta dei giovani della classe media contro il governo del Pt e contro la sinistra inneggiando, quindi, all’anti-politica e alle mancanze delle favelas e delle periferie. Pensi che oltre alla violenza poliziesca ci sia anche una manipolazione mediatica?

Quando si riuniscono più di 100.000 persone in realtà è un movimento di massa. Formato da molti settori della società che hanno capito che questo era il momento di rompere la frammentazione. Diciamo che le manifestazioni iniziate in un primo momento per contestare lo spreco del governo federale per la costruzione degli stadi sono diventate il punto di incontro di tutti i gruppi sociali che avevano rivendicazioni in sospeso con gli uomini al potere.