C’è la “Marianne di Goteborg” ma anche le “Vittorio”, “Rachel” e “Juliano II”. Portano i nomi di tre attivisti e intellettuali scolpiti per sempre nella memoria collettiva dei palestinesi e di tanti altri nel mondo, tre delle quattro navi che compongono il nuovo convoglio della Freedom Flotilla III, partito venerdì notte da Creta e intenzionato, come i precedenti, a raggiungere la Striscia di Gaza, violando il blocco che la Marina militare israeliana impone su quel piccolo territorio palestinese. Vittorio Arrigoni, Rachel Corrie e Juliano Mar-Khamis. Tutti e tre hanno pagato con la vita il sostegno ai diritti di chi vive in Cisgiordania e Gaza, in due casi per mano di brutali assassini palestinesi privi di dignità e traditori delle aspirazioni della propria gente. Percorrono la rotta che seguì Vittorio Arrigoni nell’agosto del 2008 durante la prima missione della Freedom Flotilla, le quattro imbarcazioni ora in navigazione nel Mediterraneo e che, forse, lunedì giungeranno davanti alle coste di Gaza.

 

Le speranze di successo sono minime. Come è accaduto dalla fine del 2008 in poi, anche questo convoglio della Freedom Flotilla non ha molte possibilità di arrivare al porto di Gaza city. Israele ha già allertato la sue unità da guerra per bloccare le quattro piccole navi. Governo Netanyahu e gran parte dei partiti politici guardano a questa missione come ad una “impresa terroristica”, in presunto appoggio al movimento islamico Hamas al potere a Gaza dal 2007. In un sito d’informazione della destra più estrema, Arutz 7, un “editorialista” ha esortato ad affondare il convoglio. A favore dell’uso della forza si è espresso anche una delle firme più note della destra in giacca e cravatta, Dan Margalit. Intenzioni che fanno tremare i polsi. È ancora vivo il ricordo dell’arrembaggio in acque internazionali del traghetto turco “Mavi Marmara”, nel maggio 2010, in quella che è stata la più ampia e tragicamente nota missione della Freedom Flotilla. I commando israeliani scesi sulla nave ad un certo punto fecero fuoco uccidendo 10 attivisti. Per Tel Aviv fu «legittima difesa» dalle «aggressioni dei passeggeri» e non un atto di pirateria internazionale come in quella occasione denunciarono molti nel mondo e non solo i palestinesi.

 

A segnare indirettamente il destino di questa nuova missione per Gaza è stato anche il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki moon, sostenendo che non servirebbe ad alleviare le dure condizioni di vita della popolazione palestinese. Ban in realtà ha sconfessato le finalità politiche della Freedom Flotilla e con esse l’urgenza di mettere fine al blocco di Gaza, a maggior ragione dopo la devastante offensiva israeliana di un anno fa. In assenza della copertura delle Nazioni Unite, un’azione di forza israeliana è praticamente certa. Gli organizzatori peraltro hanno denunciato un tentativo di sabotaggio avvenuto in Grecia a danno della “Juliano”.

 

I “pericolosi terroristi” che Israele intende fermare sono una cinquantina. Tra di essi l’ex presidente tunisino Moncef Marzouki, che ha guidato il suo Paese dal 2011 al 2014, la parlamentare danese Öslem Sara Cekic, la suora benedettina Teresa Forcades, la giornalista svedese Kajsa Ekis Ekman, l’europarlamentare spagnola Ana Miranda. C’è anche un attivista italiano, Claudio Tamagnini, che prima della partenza ha spiegato in video le finalità della missione (https://youtu.be/Aq6eVUs2PYU) . Partecipano anche reti televisive, come Euronews, Maori Tv (Nuova Zelanda), al Jazeera, al Quds, Channel 2 (Israele) e Russia Today.

 

A suscitare irritazione in Israele è in particolare la presenza sulle navi del musicista Dror Freiler, ebreo con passaporto israeliano, e di Basel Ghattas, deputato palestinese della Lista Araba Unita alla Knesset, che una settimana fa aveva annunciato la sua presenza nel convoglio per Gaza attirandosi addosso critiche e accuse da un po’ tutto il Parlamento (nel 2010 una sua compagna di partito, Hanin Zouabi, era a bordo della “Mavi Marmara”). Ghattas ha difeso la sua decisione di prendere parte a una iniziativa contro il blocco di Gaza, con un «atto politico legittimo e non-violento». In una lettera inviata al premier Netanyahu e al ministro della difesa Moshe Yaalon ha chiesto che «le forze di sicurezza israeliane stiano lontano dalla Flotilla…non vi è alcuna ragione di sicurezza che ci impedisca di raggiungere Gaza e di fornire l’assistenza che portiamo con noi». Oltre cento europarlamentari inoltre hanno indirizzato alla “ministra degli esteri” della Ue, Federica Mogherini, un messaggio in cui si chiede di appoggiare la Freedom Flotilla e di mettere fine al blocco di Gaza.

 

Il “carico pericoloso” che Israele vuole bloccare è composto da pannelli solari per l’ospedale al-Shifa, da equipaggiamento medico per futuro nuovo ospedale al-Wafa, da disegni di bambini italiani per i loro coetanei palestinesi; dalla lettera delle donne siciliane per le donne della Striscia. La “Marianne” sarà donata ai pescatori di Gaza.