La Corte Penale Internazionale ci ripensa e ordina al pubblico ministero di riconsiderare la possibilità di perseguire Israele per l’arrembaggio, costato dieci morti, compiuto nel 2010 da un commando dello Stato ebraico ai danni del traghetto turco Mavi Marmara e delle altre imbarcazioni della Freedom Flotilla diretta alla Striscia di Gaza. Fatou Bensouda, la procuratrice, nel 2014 aveva deciso di non perseguire Israele, sostenendo che i fatti non erano «abbastanza gravi» anche se si riteneva «ragionevole pensare» che fossero stati commessi crimini di guerra. Decisione confermata nel 2017. Ora i giudici di appello (tre favorevoli-due contrari), accogliendo il ricorso delle Comore, proprietarie di una delle navi assaltate, hanno ordinato di riconsiderare, prima del 2 dicembre 2019, la necessità di portare Israele in giudizio al tribunale dell’Aia. Tel Aviv non ha ancora commentato la notizia.

La Freedom Flotilla era composta da otto navi con a bordo 70 passeggeri provenienti da una quarantina di paesi, Italia inclusa. Il suo scopo dichiarato era di portare aiuti alla popolazione civile di Gaza. Nove turchi a bordo della Mavi Marmara furono uccisi durante l’assalto israeliano. I soldati aprirono il fuoco «per legittima difesa», disse il governo Netanyahu. Un decimo passeggero è morto dopo a causa delle sue ferite riportate. La Turchia sospese le relazioni con Israele e le ha ristabilite solo nel 2016 con la mediazione dell’ex presidente Usa Barack Obama.