Serve «una sola lista alla sinistra del Pd», una lista «di cittadinanza a e di sinistra che accolga tutti i partiti attuali, ma sia molto più ampia della loro somma», «radicalmente alternativa al Pd» e «che abbia come obiettivo di dare vita ad un quarto polo pienamente competitivo nello spazio politico elettorale». In un torrido sabato romano Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, riunisce la direzione del partito a porte chiuse. E lancia un nuovo appello «unitario» alla sinistra a sinistra del Pd. Ma non si nasconde le difficoltà dell’impresa, nonostante sulla carta siano molte le condizioni favorevoli. Se da un lato «emergono crescenti elementi di convergenza rispetto alla possibilità di definire una piattaforma condivisa», ammette il documento finale, dall’altro secondo il partito degli ex vendoliani «permangono ampi tratti di ambiguità sul profilo complessivo della proposta politica» e «di fronte alla nostra iniziativa, le risposte, in particolare dall’area che si è riunita a Santi Apostoli continuano a farsi attendere». Insomma, è Giuliano Pisapia a non rispondere. Almeno finora.

NON È UN PROBLEMA di poco conto. Perché se l’avvitamento di Renzi sulle questioni dei migranti scava solchi sempre più profondi fra Pd e sinistra radicale, dall’altra al quartiere generale dell’ex sindaco di Milano si spiega che la linea è quella segnata ai Santi Apostoli una settimana fa: «La lista unica c’è, si chiama Insieme, ha un profilo autonomo dal Pd e una vocazione di governo».
MA ANCHE NELLA NUOVA creatura appena nata c’è qualche problema da risolvere. Di linea e di organizzazione. Una parte dei bersaniani ancora punta a recuperare almeno Sinistra italiana alla casa comune, se non persino la platea del Brancaccio, quella che però ha fischiato Pisapia in contumacia.

FRA I PIÙ OTTIMISTI c’è Roberto Speranza: «Auspico che quest’area si allarghi il più possibile». Martedì prossimo, dopodomani, è convocata una direzione di Mdp a Roma. Saranno affrontati alcuni nodi del dopo ’Santi Apostoli’. Fra i quali c’è la costruzione di «Insieme», o come si chiamerà in seguito: Art.1 non intende sciogliersi nel nuovo percorso, almeno non per ora. Il plotoncino di bandiere rosse (rosso Art.1) che sventolavano sabato scorso in piazza stava a dimostrare anche questo. Ci sarebbe poi chi vuole mettere in guardia la nuova creatura da una certa aria di «seconda rottamazione»: dopo quella che Renzi ha abbattuto sulla «Vecchia Guardia», stavolta riguarderebbe il solo Massimo D’Alema, visto che l’altro padre nobile ex Pd Bersani è invece in prima fila, al fianco di Pisapia, nella nuova avventura: anche più del giovane coordinatore di Mdp Speranza.

DETTAGLI. Da mettere a punto. Ma l’«amalgama politico» è tema delicato, dentro e fuori «Insieme». Ed ha a che vedere con la virtuale capienza della lista: con la sinistra radicale o senza? Perché se è vero che le convergenze anti-Renzi sono ogni giorno più estese (l’elenco dei punti comuni si allunga grazie anche alle nuove sbandate a destra di Renzi), è anche vero che l’ambizioso obiettivo di ricostruire una sinistra è impegno delicato, dati i precedenti. «Se facessimo un cartello elettorale che si sfascia all’indomani del voto avremmo realizzato la castrofe definitiva per la sinistra italiana», ha avvertito D’Alema ieri in un forum con il manifesto. È il cuore del problema più serio oggi sul tavolo.

PROBLEMA CHE IL BLOCCO renziano ormai sbeffeggia. Matteo Orfini, l’ex dalemiano oggi ultrà della vocazione maggioritaria veltroniana (ormai rinnegata dallo stesso Veltroni), sfotte quelli di Art.1 («Da quando sono usciti dal Pd non fanno altro che parlare del Pd. È come quando due persone si lasciano. Vuol dire che si sono pentiti»), ma soprattutto li sfida a misurarsi con il consenso.
MA È UNA SFIDA TEMERARIA, secondo il ministro Andrea Orlando. Che ieri formalizzando la sua corrente a Messina (si chiama Dems, Democrazia&Società) ha insistito sulle alleanze, parlando al Pd ma non solo: «Aiutare Pisapia significa aiutare quella parte della sinistra che vuole allearsi con noi. Quindi significa aiutare il Pd perché se il Pd rimane da solo non gli rendiamo un grandissimo favore».