Luca Bernardo, candidato sindaco del centrodestra a Milano, arriva di soppiatto a quello che dovrebbe essere il suo evento: la chiusura della campagna elettorale per le comunali. Matteo Salvini, intanto, si prende la scena fuori dall’hotel di via Gaggia dove sono attesi anche il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani e la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Dall’aria contrita del segretario della Lega – e dalla battuta mal riuscita («C’è Greta da Draghi e noi distruggiamo le rose») detta dopo che il capannello di giornalisti si è quasi arrampicato su una aiuola per raccogliere le sue dichiarazioni – si capisce che c’è maretta.

Meloni è in ritardo. Tajani è già arrivato da mezz’ora. Salvini si intrattiene con i cronisti per quasi 15 minuti per prendere tempo. C’è già chi vocifera che l’incontro a tre tra i leader del centrodestra sia saltato dopo le dichiarazioni, poi smentite, di Berlusconi alla Stampa. Sono le 11 (la conferenza era prevista per le 10.30) e della leader di FdI neanche l’ombra. «Un ritardo del volo», prova a spiegare Ignazio La Russa al leghista che replica stizzito: «Alle 11.20 devo prendere un treno per Roma, non posso rimandare un altro comizio». Poi si accendono i riflettori, Salvini sorride, si presta alla foto di rito con Bernardo e inizia l’arringa contro Beppe Sala. Lo attacca su San Siro, sugli ex scali ferroviari «fermi». Sulle periferie «dimenticate». Sui disabili: «Ho chiesto a Luca di garantire un assessorato». Ma suonano come slogan privi di programmi concreti. Bernardo annuisce poco convintamente e si guarda intorno.

Alle 11.15 Salvini si alza e se ne va. Dieci minuti dopo arriva Giorgia Meloni, trafelata prende posto accanto al candidato. Bernardo, nel frattempo, prova a catturare l’attenzione dei cronisti che, tra la partenza di Salvini e l’arrivo di Meloni, sono distratti dal tam tam di whatsapp e telefonate sul mancato incontro tra i due big.

«A questa città – prova ad azzardare Bernardo – è mancata una guida nei mesi difficili del Covid, mentre io ero in trincea, in ospedale, a curare chi soffriva». Qualche brusio, lui continua. «Sala abita praticamente a Palazzo Marino, tranne poche uscite per recarsi in qualche salotto della sinistra. E intanto ci sono persone che vivono al di sotto della soglia della dignità in quelle che non vogliamo più che si chiamino periferie». Meloni butta lì: «Sono una madre e ho sentito altre madri che affidano i loro figli al medico Bernardo. Secondo voi, glieli affiderebbero se fosse una ’macchietta’ come viene definito?». La domanda retorica non conquista. E lei rilancia: «Anche se in ritardo, ci tenevo a esserci per attestare il sostegno di FdI». Non sembra granché convinta dell’esito elettorale, anche se, come Tajani, assicura che «la partita è aperta, i giochi veri si faranno al ballottaggio», ma il fuggi fuggi dopo la fine dell’evento, con Bernardo che resta solo sul palco, sono eloquenti. Una tappa obbligata della campagna elettorale, insomma, in mezzo a decine di altri appuntamenti. Roma, Torino, Novara, la Calabria: ognuno ha la propria area geografica su cui puntare.

Intanto il centrosinistra milanese osserva la curiosa conferenza. Sala non replica e attraverso i suoi fa sapere che «si è già espresso molte volte» sui temi citati dagli avversari e «non vuole commentare oltre». Ribatte invece Silvia Roggiani, segretaria metropolitana del Pd. «Bernardo parla di periferie abbandonate? Parliamo di case popolari: MM, gestita dal comune, ha ridotto l’abusivismo dal 6 al 3%, riassegnando oltre 3.000 appartamenti. Aler, di gestione regionale (a guida Lega, ndr), è rimasta ferma», spiega Roggiani che conclude: «Salvini fa polemica, ma il centrodestra si commenta da sé».