Comincia con Pier Paolo Pasolini, che così mi piace ricordare per i cento anni dalla nascita, uno dei tre incipit con cui Gianluca Peluffo cerca di dare le coordinate per farci immergere nel suo pensiero.

Il riferimento è ai cortometraggi che la Rai trasmise nella prima metà degli anni Settanta, coinvolgendo vari illustri cineasti, per raccontare luoghi, città, paesaggi.

Così Peluffo comincia ad interrogarsi sulla correttezza del proprio punto di vista tanto legato al Mediterraneo e all’Italia, e se esso non sia in realtà «provincialismo quasi nostalgico» oppure un modo per «sentirsi con libertà al Centro del Mondo».

Il richiamo di Peluffo a Pasolini è forte e vien subito in mente l’immagine del grande intellettuale in giro tra gli anonimi casermoni e le baracche delle borgate della periferia di Roma, dove conobbe e cominciò ad amare gli emarginati e la povera gente, e riuscì a cogliere gli aspetti di un’umanità ricca di contraddizioni ma profonda.

«Il giuramento di Pan» è un saggio elegante e intimo in cui l’architetto e professore universitario Gianluca Peluffo materializza le proprie idee per salvare lo spirito dell’architettura nel mondo contemporaneo, che sembra aver preso ormai una deriva legata al marketing più che essere una manifestazione del meraviglioso universo del pensiero dell’uomo come corpo vivo che ha lo scopo di generare la felicità nelle persone.

L’autore ci propone un inno a Pan per sostituire alla Paura (che è dell’io verso l’esterno) il Panico (che è dentro l’Io collettivo. Dentro il Mondo), per evitare la paura che porta al distacco dalla realtà e dall’altro. Peluffo scrive: «Io vorrei parlare di un futuro dell’architettura in cui, senza alcun vernacolo, senza alcun eclettismo, ma con eretico e infantile erotismo, si possa tornare a trasmettere un’idea del mondo».

Esperto in progettazione architettonica, ha creato opere come il nuovo headquarter di BNL situato nei pressi della Stazione Tiburtina a Roma, si è occupato della riqualificazione dei Docks di Marsiglia e mentre si sta dedicando, tra le altre cose, alla realizzazione di una città di nuovo impianto in Egitto, il «Monte Galala», oggi Peluffo propone, a chi fa il suo mestiere, un nuovo giuramento di fratellanza.

Il testo, oltre a percorrere un interessante itinerario genealogico dell’arte italiana che in maniera trasversale riesce a creare un meccanismo estetico e politico, propone un vero e proprio giuramento in cui l’architettura diventa quel luogo dove l’incontro tra ciò che è sentire individuale e ciò che è sentire collettivo si materializza. Per Peluffo «l’architettura è pubblica in ogni sua forma, e per questo fare architettura è un atto politico: fare architettura e fare politica sono la stessa cosa. Per questo la ricerca di bellezza, intesa come forma di dialogo fra l’anima, lo spirito dei luoghi, del tempo, e gli individui, è un atto rivoluzionario».

Il viaggio in cui ci porta la narrazione dell’autore che parte dal Bambino (Incipit 1), si conclude con un’altra citazione cinematografica, ovvero «Nostalghia» (1983) di Andrej Tarkovskij, dove il regista affronta la traccia della memoria infantile, del suo rapporto con i luoghi, attraverso il tema dello «straniero» che cerca altrove quel ricordo, e lo fa in Italia.

«Il giuramento di Pan. Per una fratellanza estetico-politica in architettura» è una lettura utile e illuminante, non solo per gli addetti ai lavori.