Tanti anni fa, quasi cinquanta, il magnifico organista dei Doors intitolò un suo album: The Whole Thing Started with Rock ‘n’ Roll, Now It’s Out of Control”: è iniziato tutto con il rock, poi la cosa è sfuggita completamente di mano”. Cos’era sfuggito di mano, nel cruciale, febbrile crepuscolo dei Doors di Jim Morrison? Semplicemente il fatto che lui, lo sciamano che sul palco irretiva in un’ ispida, a tratti sconvolgente trance migliaia di ragazzi accorsi non aveva più voglia di musica. Aveva voglia di poesia, e basta. Alla fine dei suoi brevi, intensissimi ventisette anni s’era fatto crescere una barba da pioniere americano, se n’èra andato a Parigi con il suo amore scomodo ed inevitabile, Pamela Courson.

Non è più tornato, anche se periodicamente qualcuno affetto dalla ”sindrome di Elvis” giura di averlo visto in giro. Voleva scrivere solo poesia , Jim Morison, perché era un poeta,. Un grande poeta americano, nel solco di Whitman e dei poeti della Beat Generation, soprattutto, ma con una personale deriva simbolica che era solo sua, la costruzione, come dceva di “di una nuova mitologia”. A Genova, qualche sera fa, è arrivato il grande amico di Jim Morrison, sceneggiatore , produttore,soprattutto fotografo ineguagliato dei guizzi da dio Dioniso pensoso di Jim Morrison: Frank Lisciandro. L’uomo ce ha letteralmente costruito il postumo “An American Prayer”, la voce di Jim che ormai non c’era più, i tre Doors rimasti a cucirgli attorno una spettale abito di note.

L’amico che aveva il permesso di ritrarre Jim come e quando voleva: in uno scatto raro esposto c’è Morrison con i pantaloni di cuoio, sdraiato per terra a riprendere con una telecamera portatile quanto gli succede attorno. Frank Lisciando era ospite speciale della ventitreesima edizione del Festival Internazionale di Poesia di Genova ideato e diretto dal poeta Claudio Pozzani, da sempre molto attento anche ai rapporti tra pentagrammi popular e poesia: negli anni ha portato, tra gli altri, Lou Reed, Ray Manzarek dei Doors, Greg Lake, Peter Hammill, Pete Sinfield. La bella notizia per le legioni di fans dei Doors portata da Lisciandro è che è quasi ultimata l’edizione definitiva dell’opera poetica di Jim Morrison: uscirà nel 2018, e sarà un volume da cinquecento pagine.

Comprenderà le due raccolte pubblicate nel ’68, le ustionanti The Lords: Notes On Vision e The New Creatures, in cui Morrison si scaglia contro i potenti e i media che ci fanno vivere vite immaginarie di spettacolo tenendoci alla catena con una furia profetica davvero impressionante, il libro del ’70, le raccolte postume, ma anche e soprattutto le decine e decine di pagine dei suoi taccuini riempiti di poesie e idee poetiche con furia febbrile. Sul palco Lisciandro, con l’aiuto di pochi accordi dalla chitarra elettrica di Fabio Cubisino, e le voci di Ian Morrison e Seftan Graham alternate alla sua, ha letto le poesie di Jim Morrison. C’è tutta la lezione surreale e simbolica di Emerson, di Thoreau, di Whitman, ci sono Hart Crane e Rimbaud e Ginsberg. Non è davvero e solo rock ‘n’roll