L’ora dell’esame si avvicina per i paesi europei, che a causa del Two Pack (adottato nel 2013, in complemento del Six Pack), devono presentare al vaglio della Commissione la finanziaria 2015 entro il 15 ottobre. Per la Francia, paese nel mirino di Bruxelles, l’esercizio è a rischio, tanto più che dal 1° novembre, se la Commissione Juncker passerà le audizioni in corso all’Europarlamento e otterrà il voto di approvazione il 22 ottobre, sarà Pierre Moscovici a dover eventualmente “punire” Parigi. La Francia, difatti, non rispetterà la clausola del 3% di deficit. Lo ha confermato ieri il Consiglio dei ministri. Il deficit, che quest’anno è del 4,4%, scenderà solo al 4,3% nel 2015 e il rientro nel parametro del 3% è rimandato al 2019. L’assenza di crescita e la bassa inflazione, ha spiegato il ministro delle finanze Michel Sapin, non permettono di fare di più: “la riduzione dei deficit proseguirà quindi – ha precisato – ma il ritmo sarà adattato al contesto macro-economico”. Il debito ha toccato la cifra simbolica di 2mila miliardi (95% del pil).

La Francia pero’ non sfida Bruxelles. Rinuncia a qualsiasi velleità di varare un piano di rilancio economico. Per passare l’esame presenta un programma di tagli drastici alla spesa pubblica: 21 miliardi nel 2015, seguiti da altre economie di 14,5 miliardi nel 2016 e nel 2017, per arrivare ai 50 miliardi promessi. La spesa pubblica calerà dal 56,5% del pil di quest’anno al 54,5% nel 2017. La Sécurité Sociale dovrà sopportare dei tagli per 9,6 miliardi, lo stato ridurrà la spesa di 7,7 miliardi e gli enti locali subiranno tagli per 3,7 miliardi.

Il primo ministro, Manuel Valls, la scorsa settimana era andato a Berlino come a Canossa, per spiegare la manovra a Angela Merkel. La cancelliera si era detta “impressionata” dal programma francese, ma senza concedere nulla sul fronte degli investimenti europei. Aveva ribadito che l’ultima parola spetta alla Commissione per giudicare la qualità della cura di austerità.

Il governo cammina sulle uova, per evitare di sollevare nuove proteste: in Francia, c’è uno scatenamento di battaglie di varie professioni, dai piloti di Air France ai farmacisti passando per i notai o gli agricoltori della Bretagna. Tutti si sentono lesi. La sinistra, anche nel Ps, chiede senza venire ascoltata un cambiamento di rotta, perché l’austerità non funziona: la disoccupazione continua a crescere, è al 10,2%, c’è stato un leggero calo ad agosto (meno 0,3%), ma le previsioni indicano un aumento ancora per il prossimo anno. La finanziaria 2015 cerca di conciliare alcune esigenze di fondo, rispetto alle promesse elettorali di Hollande, e il diktat del Fiscal Compact. Cosi’, la scuola si salva, con un bilancio di 65,02 miliardi, in aumento del 2,4% il prossimo anno, con altre 10mila assunzioni. Anche le università e la ricerca hanno un bilancio in leggera crescita, che dovrebbe finanziare più borse di studio. Leggeri aumenti per la giustizia e per le politiche della casa. Per il resto, ci sono alcune stabilizzazioni (interni, cultura) e molti tagli: penalizzata è l’ecologia, malgrado la legge sulla transizione energetica presentata ieri in Consiglio dei ministri, e persino la difesa, benché la Francia sia impegnata in tre scenari di guerra (Mali, Centrafrica, Iraq) subirà una riduzione drastica di 7500 posti di lavoro, che arriveranno a 30mila in meno entro il 2019. I contratti sovvenzionati verranno ridotti. Il tutto per compensare gli sgravi fiscali alle imprese, 40 miliardi per migliorare la competitività.

“E’ il primo anno senza aumenti per le tasse sul reddito” ha precisato Sapin. Per dare un po’ di fiato al potere d’acquisto della classi popolari, viene abolita la prima tranche di imposizione, ma il mancato guadagno non verrà prelevato alle famiglie più abbienti, ha promesso il governo. Se le tasse sul reddito non aumenteranno nel 2015, ci saranno piccoli prelievi, qui e là, per tappare i buchi, a cominciare da 2 centesimi di più sul litro di gasolio o 3 euro in più per il canone tv.

La sinistra protesta, perché non c’è cambio di rotta. La destra urla, per la “deriva” dei deficit. Secondo l’ex primo ministro François Fillon, la Francia è “mal gestita” ed è “alla vigilia di un incidente finanziario grave”. Per Fillon i tagli alla spesa dovrebbero essere di 110 miliardi in 5 anni.