La messa sotto inchiesta dell’ex ministra della Sanità, Agnès Buzyn, venerdì sera dopo nove ore di interrogatorio, da parte della Corte di Giustizia della Repubblica, il tribunale speciale dei ministri, preoccupa la maggioranza, a poco più di sette mesi dalle presidenziali. Agnès Buzyn è indagata per aver «messo in pericolo la vita altrui», per i ritardi e i tentennamenti all’inizio del Covid – in particolare per la mancanza di mascherine e la minimizzazione del loro ruolo nella protezione delle persone – ed è anche “testimone assistito” (una posizione meno grave) per essersi «volontariamente astenuta dal prendere misure proprie a combattere un sinistro». L’inchiesta era stata aperta nel luglio 2020, il tribunale ha ricevuto 14.500 denunce e, per il momento, ne ha accolte solo 9.

Agnès Buzyn è stata ministra della Sanità dal maggio 2017 al febbraio 2020, quando, il 16, si è dimessa per entrare in campagna come candidata (poi clamorosamente sconfitta) alla carica di sindaco di Parigi, dopo lo scandalo sessuale che aveva travolto l’esponente della République en Marche (Lrem), Benjamin Griveaux. Ieri, il delegato generale della Lrem, Stanislas Guérini, ha affermato che «il governo ha fatto il meglio che poteva per gestire la crisi sanitaria, prendendo le migliori decisioni possibili sulla base delle informazioni di cui disponeva a ogni tappa». Il primo ministro, Jean Castex, ha sottolineato che il governo del suo predecessore Edouard Philippe, che potrebbe essere indagato a breve assieme all’attuale ministro della sanità, Olivier Véran, «ha preso le decisioni che le circostanze ordinavano di prendere» e ha aggiunto che «bisogna evitare a ogni costo la paralisi dell’azione dei poteri pubblici proprio nel momento in cui, al contrario, abbiamo bisogno di decisioni per far fronte alla crisi». Per la deputata Aurore Bergé, la messa sotto accusa di Buzyn è «un precedente pericoloso»: a dare «un giudizio sull’azione del governo sono gli elettori», non i tribunali, «chi qualifica che non è stato fatto abbastanza? Su quali criteri?».

Anche l’opposizione, a parte la France Insoumise e l’estrema destra di Dupont-Aignan, è cauta. «Mi interrogo sull’utilità di queste giurisdizioni di eccezione», afferma Jean Léonetti dei Républicains (Lr). Così il capogruppo Lr all’Assemblée, Damien Abbad: «Non condivido la volontà di portare tutto di fronte alla giustizia», stessa posizione di Fabien Roussel del Pcf : «Non credo che risolveremo i problemi di fronte ai tribunali».

La Corte di Giustizia della Repubblica, nata negli anni ’90 per giudicare i ministri, è contestata, non solo per l’interferenza con la politica ma anche perché finora le sentenze sono sempre state molto generose: l’ex primo ministro Laurent Fabius e la ministra degli Affari sociali Georgina Dufoix sono stati assolti per lo scandalo del sangue infetto nel 1999, Christine Lagarde pur essendo stata giudicata colpevole di «negligenza» nel caso Tapie-Crédit Lyonnais è stata dispensata da qualsiasi pena e ha potuto essere nominata presidente della Bce. Altri politici sono stati assolti e anche quelli considerati colpevoli hanno avuto pene leggere.

Ma politicamente la messa sotto accusa di Buzyn è stato ieri un nuovo argomento sbandierato nelle più di 200 manifestazioni contro il pass sanitario (e i vaccini), nel nono sabato di protesta. Il 15 entra in vigore l’obbligo di vaccino per alcune professioni, tra cui per chi lavora negli ospedali. Quattro manifestazioni a Parigi, due cortei si sono ritrovati sotto la sede del Consiglio di stato che ha convalidato l’obbligo del pass per il personale sanitario. I gilet gialli sono stati molto presenti, qualche scontro.