L’annuncio di Joe Biden sull’embargo statunitense sul gas e il petrolio russo, è arrivato in Europa mentre gli ambasciatori stavano discutendo un nuovo round di sanzioni a Mosca. Anche la Gran Bretagna ha deciso ieri di mettere fine all’importazione di petrolio russo entro la fine dell’anno. Per il momento, la Ue esita. Le nuove sanzioni dovrebbero riguardare un numero maggiore di oligarchi colpiti e delle misure contro l’industria marittima, ma non ci sarebbero embarghi sui porti, dove transitano gas e petrolio.
Di embargo sull’energia ha parlato ieri nel tardo pomeriggio il segretario di stato, Antony Blinken, con Emmanuel Macron. I 27 si incontrano a Versailles domani e venerdì, per un vertice straordinario. Il draft del comunicato finale riguarda la difesa europea, che va strutturata e aumentata, e una diminuzione della dipendenza energetica dell’Unione, per costruire «una più robusta base economica».
Il rischio ora per la Ue è che siano i russi a decidere di chiudere i rubinetti prima che i 27 decidano l’embargo. Ieri, il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, ha affermato che la Ue cerca soluzioni per diventare indipendente dal gas russo: «l’indipendenza non è uguale per tutti gli stati» ha sottolineato, la Francia è intorno al 20%, la media Ue è il 40%, la Germania è al 55%, alcuni stati, per esempio la Finlandia, sono al 100%.
Per Le Maire, ci vuole «una soluzione collettiva europea»: prima di tutto, accelerare la costituzione di stocks dalla prossima estate, riempire i serbatoi al 90% per far fronte all’inverno 2022-23, c’è poi l’ipotesi, sostenuta dalla Spagna, di acquisti di gruppo, e la diversificazione dei fornitori. Infine, c’è la carenza dei terminal per le navi tank che trasportano Gnl, ce ne sono 7 in Spagna, 4 in Francia, ma nessuno in Germania (che ha avviato la costruzione di un terminal nell’estuario dell’Elba). L’Europa in più può aumentare la produzione di biogas oltreché delle rinnovabili.
Ma, ammette Frank Riester, ministro del commercio estero, «non chiudiamo nessuna porta, ma abbiamo una dipendenza dal gas russo che gli Usa non hanno». Non dice niente di diverso il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, in un’intervista a Spiegel, dove sottolinea che la sanzione più efficace è stato il gelo della metà delle riserve della banca centrale russa: «l’Europa dipende al 40% dal gas russo, non si può cambiare in due giorni». Il ministro dell’Agricoltura francese, Julien Denormandie, ha ricordato ieri un’altra dipendenza, quella dal grano russo (il 30% dell’export mondiale di grano è di origine russa). «L’Europa deve produrre di più – ha detto – per evitare una crisi alimentare mondiale».
Oggi, il Parlamento europeo vota sui risultati di un’inchiesta di 18 mesi sulle interferenze straniere e le false informazioni, che minano le democrazie. Nella discussione in aula, ieri, la vice-presidente della Commissione, Vera Jurova, ha giustificato la messa al bando di RT e Sputnik, «una reazione radicale in una situazione estrema», che è «senza precedenti, ma necessaria». Ieri, i ministri che si occupano di digitale, che hanno incontrato i rappresentanti delle grandi piattaforme (Facebook, Twitter, Google), hanno chiesto di «fare di più contro la disinformazione», per il ministro francese Cédric O, c’è «un obbligo di mezzi, un obbligo di risultati».